La battaglia di Montebello fu il primo evento bellico importante della seconda guerra di indipendenza italiana. Fu uno scontro importante, perché dimostrò l'efficacia bellica delle truppe leggere dell'esercito sardo, le quali, dopo aver avvistato il nemico austriaco e segnalato ai comandanti della divisione francese, non si ritirarono ma riuscirono a respingerlo con numerose cariche. A seguito di questa battaglia, i piemontesi, si distinsero talmente tanto che venne istituito un nuovo reggimento di cavalleria, che ancora oggi è attivo, con il nome Lancieri di Montebello, unico reggimento che ha preso il nome da una battaglia. Nel 1859, dopo dieci anni di pace dalla fine della prima guerra di indipendenza italiana, il Regno di Sardegna, alleato con l'Impero francese di Napoleone III, tornava a sfidare gli austriaci sul campo di battaglia, i quali non volevano lasciare il controllo delle province piemontesi, che erano molto ricche e popolose. La Guerra d'Italia di questo anno], fu molto importante sia per le conseguenze politiche, sia per le innovazioni della scienza che della tecnologia bellica, che influenzò il pensiero e la dottrina militare fino all'inizio della prima guerra mondiale. A seguito di questa guerra infatti la geografia politica di quei tempi cambiò, consegnando l'Impero d'Austria a un lento declino e favorendo la nascita del nuovo regno d'Italia, proclamato il 17 marzo 1861. La battaglia di Montebello, pur non potendo essere paragonata alla successiva battaglia di Solferino e San Martino, per il numero dei combattenti e la distensione dello scontro, fu la prima di una certa importanza per gli eserciti franco- piemontesi e austriaci, per i quali costituì il battesimo del fuoco. Inoltre l'esito di questo primo scontro, impresse un decisivo slancio, grazie anche alla positiva valenza psicologica della vittoria, alle seguenti operazioni militari degli Alleati, che presero l'iniziativa strategica per tutta la campagna. Infatti l'impatto psicologico di questo scontro fu subito avvertito in entrambi gli schieramenti: dalla parte degli Alleati, questa vittoria riportata su truppe notevolmente più numerose, confermò negli alti comandi l'idea dell'inferiorità qualitativa delle truppe austriache e la scarsa qualità dei loro comandanti e instillò nei Piemontesi la consapevolezza che l'armata sarda, piccola ma solida, poteva misurarsi con i maggiori eserciti europei. Mentre dalla parte degli austriaci, questa battaglia provocò un trauma morale e psicologico, vedendosi sconfiggere una robusta armata, protetta per giunta da ottime difese naturali, da un piccolo contingente delle forze nemiche. Infatti nonostante la disciplina delle truppe, la mancanza di slancio e la difficoltà di reagire con rapidità e decisione durante lo scontro, che caratterizzava gli ufficiali dell'armata austriaca, difficilmente avrebbero consentito la vittoria di fronte ad un avversario dinamico, dotato di iniziativa e fortissime motivazioni ideali. Dal punto di vista strettamente militare, questa battaglia è importante per numerose ragioni: si trattò, infatti, del primo scontro tra i più moderni e potenti eserciti dell'epoca, che utilizzarono nuovi tipi di armi (come i fucili e i cannoni rigati) e nuove soluzioni tecniche (il telegrafo per le comunicazioni sul campo di battaglia) e logistiche (l'uso della ferrovia per il trasporto rapido delle truppe). Inoltre ci fu anche un utilizzo moderno della cavalleria: i cavalleggeri piemontesi, infatti, con numerose cariche e azioni di disturbo, agganciarono il nemico e ne ritardarono l'avanzata in attesa dell'arrivo della propria fanteria. Anche l'utilizzo di queste ultime fu più moderno, con tattiche di assalto innovative basate su un breve e intenso fuoco delle artiglierie francesi seguito da una rapida avanzata delle colonne della fanteria di linea.Tuttavia la Guerra d'Italia si caratterizzò per una concezione strategica legata ancora alla tradizione napoleonica, con enormi masse di fanteria che si fronteggiavano in campo aperto e squadroni di cavalleria che si lanciavano in avanti, nonostante l'utilizzo più corposo delle artiglierie rigate e il miglioramento tecnologico dei fucili avessero portato all'affermarsi d'una concezione più moderna della tattica militare. Dopo la sconfitta nella prima Guerra d'Indipendenza, il Piemonte si ritrovò isolato nella scena internazionale, così per riguadagnare il credito perduto e riportare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla "questione italiana" dovette rompere questo isolamento e cercare di riguadagnare i favori delle potenze europee, in particolar modo della Francia e della Gran Bretagna. A questo proposito si schierò al loro fianco nella Guerra di Crimea, nella quale l'esercito sardo risollevò il suo prestigio e dette a Vittorio Emanuele II la possibilità di presentarsi presso i governi, ora alleati, per presentare la "questione italiana".
La pace si
concluse nel 1855,
con il trattato di Parigi. Il primo ministro
piemontese, Camillo Benso, conte di Cavour, riuscì a porre la
condizione che il Congresso di pace riservasse una seduta ai problemi
dell'Italia e, precisamente, sollecitò la rapida soluzione del problema
dell'oppressione di governi stranieri nel suolo italiano. Nello stesso momento
i rapporti diplomatici tra Vienna e Torino si interruppero formalmente. Lo
scenario internazionale, intanto, si fece sempre più favorevole al Piemonte e
incominciarono a intensificarsi i rapporti con il Regno
di Sardegna e l'Impero francese, cosa necessaria per
potersi coprire le spalle in caso di guerra contro l'Austria e per avere il
supporto dell'esercito di Napoleone III, considerato, a ragione, il migliore
d'Europa.
La guerra,
per Cavour, doveva portare al recupero dei territori persi durante il
precedente conflitto con l'Austria
e l'acquisto della Lombardia e del Veneto, per la creazione di un Regno
d'Italia nel nord. Mentre per Napoleone III, la formazione di uno Stato
d'Italia settentrionale, alleato con la Francia e in contrapposizione al nemico
di sempre austriaco, era solo favorevole per la politica francese. Inoltre,
nella società francese l'esercito aveva assunto un'importanza enorme e
un'avventura militare era vista molto favorevolmente nelle gerarchie militari.
Fu così che, essendo entrambi interessati, si creò un accordo segreto franco-
piemontese, secondo il quale il Piemonte, in cambio del supporto militare
francese (che sarebbe avvenuto solo in caso di attacco dell'Austria), avrebbe
ceduto alla Francia Nizza e la Savoia. Inoltre Parigi non si sarebbe opposta
alla creazione del Regno d'Italia del nord, ma avrebbe avuto mano libera nel
centro e nel sud della penisola. Una volta preso questo accordo non restava che
trovare un pretesto per provocare l'Austria e spingerla a dichiarare guerra al
Regno di Sardegna, cosa che maturava rapidamente grazie all'abile politica di
Cavour e all'ottusa diplomazia austriaca che metteva in cattiva luce sempre più
spesso il governo di Vienna di fronte all'opinione pubblica europea, sempre più
favorevole alla causa italiana, in particolare da parte della Francia e
dell'Inghilterra.
Anche Vittorio Emanuele II era favorevole alla guerra e in un discorso
tenuto al Parlamento di Torino dichiarò:
« Il nostro
Paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei Consigli d'Europa perché
grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. Questa
condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre rispettiamo i
trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti
d'Italia si leva verso di noi! »
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(Proclama di
Moncalieri, 10 gennaio 1859)
|
Il discorso fu preso immediatamente come un
chiaro annuncio di guerra imminente, e subito migliaia di volontari provenienti
da la maggior parte delle regioni d'Italia si arruolarono nell'esercito sardo
per prepararsi allo scontro per la liberazione dell'Italia. Lo stesso giorno
una brigata austriaca arrivò a Milano come segno di resistenza da parte degli
austriaci e contemporaneamente l'Austria chiese il congedo dei volontari
arruolati. Torino rifiutò e come provocazione incominciò a concentrare le
truppe lungo il Ticino, linea di confine dei due stati. Così preoccupata per il
riarmo sabaudo, l'Austria nell'Aprile del 1859 trasmise un ultimatum al
Piemonte, con il quale si intimava al Regno di Sardegna, in massimo tre giorni,
la smobilitazione dell'esercito e il congedo dei volontari, pena la guerra.
Però questo ultimatum era partito il giorno stesso in cui Cavour dovette
accettare il disarmo, sotto la pressione delle diplomatica inglese, per poter
partecipare al Congresso di pace europeo, ma il conte austriaco nonostante
fosse stato informato dal capo delle diplomazia francese, non ritirò
l'ultimatum. Questo apparve a tutti come un gesto di arroganza e prepotenza di
un grande Impero contro un piccolo stato. Non c'era più nulla da fare, la
diplomazia aveva fallito e si passava alle armi.
Il campo di battaglia
Il teatro
dello scontro fu un'ampia fascia di territorio in Oltrepò pavese,delimitata a
sud-ovest dagli ultimi speroni appenninici degradanti verso la pianura, su cui
sorgevano i centri abitati di Casteggio, Genestrello
e Montebello della Battaglia; a ovest
scorreva lo Staffora,
un corso d'acqua torrentizio che attraversava gli abitati di Voghera e Oriolo; a nord,
infine, si distendeva la pianura, con ampi coltivi di riso e frumento, con un
reticolo di piccoli corsi d'acqua e canali d'irrigazione che ritardavano le
marce di fanteria e cavalleria, e rendevano difficoltoso il passaggio delle
artiglierie e delle salmerie. Il territorio era inoltre attraversato dalla
rotabile che collegava Pavia e Voghera e, un poco più a nord, dalla nuova linea
ferroviaria la seguiva quasi parallela. Un territorio per la maggior parte
pianeggiante, dunque, dominato dai centri abitati collinari, come Casteggio e
Montebello della Battaglia, che assunsero nel corso della battaglia un
importante ruolo strategico.
L'arrivo degli austriaci
La battaglia
fu preannunciata già nei giorni precedenti, quando numerose pattuglie di ussari
del Reggimento Haller si erano spinte verso Montebello della Battaglia
in avanscoperta per guardare il terreno dell'imminente battaglia. Questi
finirono invece contro gli avamposti piemontesi e furono respinti verso
Casteggio, da dove dovettero ritirarsi a causa della sollevazione della
popolazione, aiutata da uno squadrone dei Novara, che uccise alcuni dei
loro, tra cui un ufficiale.
L'inizio
della battaglia venne fissato per il 20 maggio, giorno in cui l'armata
austriaca avrebbe mosso in avanti, suddiviso nelle tre colonne di marcia, in
direzione sud-ovest. Le tre colonne austriache erano divise in questo modo:
- La colonna centrale era
formata da due brigate della prima divisione del V corpo austriaco, la
brigata Gaal e la brigata Bils. La prima si sarebbe mossa in
direzione di Casteggio lungo una strada alberata, la seconda avrebbe
seguito un'altra strada parallela un poco più a est.
- La colonna di sinistra
era composta dalle brigate Schaffgotsche e Braum della
seconda divisione del V corpo austriaco. Le due brigate dovevano muoversi
percorrendo la Via Postumia (la via Emilia collegava Rimini con Piacenza e
a Piacenza si fermava, intersecandosi con la via Postumia che collegava Genova ad Aquileia).
Perciò la colonna Austriaca poteva percorrere solo la via Postumia per
arrivare sul campo di battaglia.
- La colonna di destra era
formata dalle brigate Prinz von Hessen e Bils, unita a tre
squadroni di ulani del reggimento Re delle Due Sicilie, che si
doveva muovere più a nord parallelamente alla colonna di sinistra, per
prevenire eventuali contrasti dei francesi, che si pensavano in posizione
più arretrata vicino Alessandria.
Nella prime
ore della data stabilita, le unità austriache erano pronte a muovere, e si
diressero prima nell'abitato di Santa
Giuletta, quindi mossero ancora in avanti verso Casteggio, secondo i piani
stipulati.
L'inizio della battaglia
Quando le vedette
piemontesi, dalle alture di Casteggio, iniziarono a vedere le colonne austriache erano
circa le 11:30 del mattino. Fu dato così l'allarme nel momento in cui gli
ussari finivano contro gli avamposti dei cavalleggeri piemontesi del primo
squadrone di Novara. Questi si ritirarono nel paese e, aiutati dai
volontari armati, organizzarono la difesa del paese proteggendosi con le case e
dietro alcune barriere poste ad ostruire la strada principale. Inizialmente la
difesa ebbe successo, anche perché gli austriaci non si aspettavano una
reazione così decisa. La pressione nemica era molto grande ed ogni momento
aumentava per l'arrivo continuo dei nuovi reparti; a seguito della distruzione
delle barricate a causa dei colpi di cannone, lo squadrone dovette battere in
ritirata contrastando il nemico a colpi di carabina. Nel frattempo era giunto
anche il terzo squadrone di Novara. I due squadroni decisero di alzare
una nuova linea difensiva lungo il torrente Coppa, ma essendosi avvicinati
troppo i cannoni nemici, anche questa linea fu presto abbandonata. Gli
austriaci, vedendo questa seconda ritirata, iniziarono a prendere coraggio e
cercarono di caricare i cavalleggeri, che tuttavia reagirono con i loro moschettoni.
Seguì un furioso combattimento in cui gli squadroni di Novara
effettuavano cariche di contenimento solo per ritardare l'avanzata nemica.
All'una, circa due ore dopo l'inizio della battaglia, i piemontesi si
ritirarono.
L'occupazione di Montebello
A seguito la
brigata Schaffgotsche, superò Casteggio e proseguì lungo la strada
principale, anche se sempre disturbati dai cavalleggeri sardi, fino ad arrivare
a Montebello della Battaglia e occuparla; la brigata si posiziono in posizione
di ventaglio tra il paese e Genestrello. Dietro, la brigata Braum rimase in
posizione arretrata a Casteggio. L'avanzata degli austriaci però si era fatta
progressivamente più difficile e lenta, sotto gli attacchi degli squadroni
piemontesi, infatti tra le colonne incominciò a mancare sempre più coesione e
si sgranavano lungo la strada, lasciando grossi varchi tra un'unità e l'altra,
da cui attaccavano i cavalleggeri sardi. Già in questa fase della battaglia le
due brigate apparivano disperse lungo un fronte troppo ampio da essere difeso.
La colonna
centrale intanto che all'inizio dell'operazione era discesa su Casteggio con la
brigata Gaal e la brigata Bils si muoveva in maniera molto lenta.
La seconda delle due brigate, in particolar modo, era rimasta notevolmente
indietro. All'inizio del pomeriggio la brigata Gaal era sparsa poco a
nord di Casteggio, mentre la brigata Bils era ancora più arretrata a Robecco. Nel
frattempo la brigata Boer era rimasta in copertura per proteggere una
possibile ritirata.
Anche a nord
i cavalleggeri sabaudi avevano impegnato notevolmente la colonna di destra, che
procedeva in maniera molto lenta in direzione di Voghera senza mai
raggiungerla, e si fermarono invece lungo un piccolo corso d'acqua poco
distante dal paese. La manovra di queste brigate era sempre disturbata dai
cavalleggeri piemontesi che li costrinsero a disporsi in maniera sparsa lungo
la direttrice di marcia. Lo scontro durante la mattinata anche a nord era di
tipo disorganico, con gli austriaci che procedevano lentamente cercando di
ricompattarsi ad ogni attacco della cavalleria sabauda, che cercava di
sfruttare ogni varco formatosi nella marcia per caricare le linee nemiche.
L'obbiettivo
dei cavalleggeri infine su tutto il fronte fu raggiunto con numerose perdite:
rallentarono molto l'avanzata austriaca, guadagnando tempo prezioso per
permettere alle truppe francesi di organizzarsi e intervenire nella battaglia
con la divisione appostata a Voghera. Inoltre al momento culminante della
battaglia, la colonna di destra posta a nord, era ormai fuori dalla zona
principale dello scontro, che si sarebbe sviluppata tra Genestrello e
Montebello della Battaglia.
L'avanzata francese
A Voghera,
dunque, risiedeva la divisione comandata dal generale Élie Frédéric Forey, parte del primo Corpo
d'armata francese. Egli, già avvisato verso mezzogiorno dell'avvistamento delle
truppe austriache, intuì che se le avanguardie austriache erano così vicine a
Voghera, esse facevano parte della punta avanzata di una forza nemica molto consistente.
Anche se non conosceva la situazione e quanti nemici avrebbe incontrato, il
generale ordinò immediatamente alla sua divisione di muoversi in assetto di
battaglia con i cannoni, in direzione di Montebello della Battaglia, contando
sul fatto che le truppe imperiali fossero stanche per la giornata di marcia e
gli attacchi continui dei cavalleggeri piemontesi. Si diresse, alla testa di un
distaccamento, verso gli avamposti al corso d'acqua di Fossagazzo, riunendo il
maggior numero di truppe che trovava per la strada.
Il
comandante della cavalleria piemontese, saputo che i francesi si stavano
muovendo, raggruppò nel frattempo gli squadroni del reggimento di Novara
a nord di Genestrello per guadagnare altro tempo. Così appena la colonna
austriaca, preceduta dagli ussari Haller, sbucarono dal colle di
Montebello della Battaglia proseguendo nell'avanzata lungo la Via Postumia,
fu ordinata la carica sul nemico che offriva il fianco scoperto. Questa
respinse gli ussari dell'avanguardia, ma i fanti che li seguirono ebbero il
tempo di organizzarsi e resistettero alla furia dei cavalleggeri, i quali,
passato l'impeto iniziale, furono costretti a ritirarsi per riordinarsi. Le
colonne austriache così si rimisero in marcia e ancora una volta due mezzi
squadroni di Monferrato arginarono l'avanzata attaccando da est. Dopo
questi attacchi, i cavalleggeri, provati dalla difficile lotta, si ritirarono
dietro il Fossagazzo, aiutati da un'ultima carica di una trentina di cavalieri.
Proprio in quel momento il primo battaglione francese si poteva vedere sulla
Via Postumia e questo fu attaccato da due battaglioni austriaci. Nonostante
l'inferiorità numerica, quel battaglione sostenne l'attacco imperiale grazie al
valore del suo comandante e al soccorso che gli fu portato dai cavalleggeri
piemontesi. Infatti questi ultimi caricarono uno squadrone di ussari e dopo
averli messi in funga attraversarono il Fossagazzo per caricare la fanteria
nemica sull'altra sponda. Conclusa quest'azione i fanti francesi attraversarono
il canale e insieme ai due mezzi squadroni di Monferrato crearono una
linea difensiva.
Nel
frattempo il comandante imperiale aveva dato l'ordine di fermare l'avanzata,
rinunciando a raggiungere Voghera, essendo necessaria una sosta per riordinare
le unità. Egli pensava che le truppe francesi erano ancora lontane e non si
curò della dispersione delle sue forze. Al contrario le truppe alleate, benché
inferiori di numero, si stavano raccogliendo rapidamente sulla via Postumia ai
piedi della collina di Genestrello, acquisendo una superiorità numerica locale,
che il generale Forey sfruttò attaccando immediatamente il paese. Così poco
dopo le 14:00, senza attendere il grosso della sua divisione, iniziò l'attacco:
i battaglioni francesi si disposero in dense colonne di attacco e iniziarono a
risalire il colle. Ma le cose non andarono come sperato, infatti in supporto
dei difensori era giunto un altro battaglione che si era accorto dell'attacco
francese e che li attaccò sul fianco costringendoli alla ritirata. In quel
momento la posizione dei francesi era molto difficile, la loro artiglieria era
posizionata più in basso di quella austriaca e non poteva essere usata, inoltre
erano racchiusi sulla Via Postumia in mezzo alle truppe imperiali schierate
sulla ferrovia e quelle che si trovavano sul colle di Genestrello. Gli
austriaci avrebbero avuto l'occasione di contrattaccare i francesi, facendoli
ritirare facilmente a Voghera. Ma essendo così estesi nel fronte e la grossa
confusione che c'era tra le colonne impedirono di ricevere i rinforzi e così
l'occasione sfumò e tornò a favore degli alleati. In oltre in favore di questi
ultimi c'era anche l'opportunità di far giungere nuove truppe velocemente con
l'utilizzo della ferrovia. Così in breve tempo il generale francese si ritrovò
con quattordici battaglioni riposati pronti alla conquista del paese.
Forey predispose
questa volta l'attacco con maggiore preparazione: furono trasportati a mano i
cannoni sopra una collina dal quale incominciarono a colpire con molta
precisione - grazie alla tecnologia dei nuovi cannoni rigati - le posizioni
nemiche. Il generale si pose alla testa della brigata e ordinò di avanzare su
Genestrello. Questa volta gli austriaci non riuscirono ad arrestare i francesi
e, dopo una piccola resistenza, cedettero ritirandosi su Montebello. Inoltre un
battaglione di granatieri imperiali, inviato in ritardo in supporto, fu
caricato dai cavalleggeri di Novara e arrivò troppo tardi al paese.
Genestrello fu conquistata, e il generale pensò di non dare tregua alle armate
imperiali continuando immediatamente l'avanzata.
L'attacco decisivo a Montebello
A questo
punto il numero superiore degli austriaci fu un vantaggio annullato per la
maggiore coesione e mobilità delle truppe francesi. Sul lato destro le truppe
imperiali erano avanzate leggermente ma furono costrette a fermarsi dalla
reazione delle forze alleate della brigata Blanchard e dei cavalleggeri
piemontesi. Le colonne austriache a nord continuavano a essere attaccate dalle
incursioni dei cavalleggeri sardi ed erano tanto disperse da non poter dare
appoggio alla colonna di sinistra, unica che era riuscita ad arrivare agli
obbiettivi prestabiliti ma che ora si trovava sotto assedio dei francesi a Montebello della Battaglia. A
fronteggiare l'avanzata francese erano rimasti i reparti già provati dalla
precedente battaglia della brigata Schaffgotsche e le unità delle
brigate Graal. Essi si erano disposti su linee difensive in sequenza,
mentre la riserva era posta più a est del paese. Inoltre tra le colline di
Montebello della Battaglia e di Casteggio si
trovava la riserva imperiale, mentre il grosso della brigata Braum si
trovava ancora a Casteggio e non fu impiegata nella battaglia. Tutte le altre
unità erano troppo distanti dal luogo del conflitto.
Forey si
trovava in un'ottima posizione e così incaricò dell'attacco al generale Beuret, il quale ordinò i suoi uomini
su tre colonne d'attacco:
- La colonna di destra era
composta dal 17º reggimento Chasseurs e da due battaglioni del 74° de
ligne e avrebbe attaccato da sud- ovest.
- La colonna centrale era
costituita da un battaglione dell'84º reggimento e dal terzo battaglione
del 74° di linea e avrebbe marciato al margine occidentale di Montebello della
Battaglia
- La colonna di sinistra
era formata dai due rimanenti battaglioni dell'84º reggimento de ligne
e avrebbe attaccato dalla Via
Postumia per cercare di entrare dal lato nord della cittadina.
Alle 16.30
circa Forey ordinò l'attacco, ma, tuttavia, non ebbe il successo sperato poiché
l'artiglieria rigata fu mossa in ritardo in posizione a causa delle cattive
condizioni del terreno e non era riuscita a dare un adeguato appoggio alle
truppe. Così i francesi si ritirarono per riorganizzarsi, mentre l'esercito
austriaco ne approfittò per barricarsi nelle case del paese, nella chiesa e nel
cimitero. Circa mezz'ora dopo l'artiglieria rigata era in posizione e tutto era
pronto per un nuovo assalto. I francesi incominciarono a risalire la collina
respingendo le truppe imperiali all'interno del paese. La resistenza era forte
e concentrata, specialmente nel lato sud- occidentale del paese, ma dopo un
lotta molto accanita, gli austriaci furono costretti a iniziare a ritirarsi a
nord di Montebello della Battaglia. Ma anche da quel lato la colonna di
sinistra alleata incominciò ad avere la meglio sulle truppe nemiche fino a
restringere la resistenza solo al perimetro del cimitero, che dopo un combattimento
corpo a corpo, fu conquistato catturando centinaia di prigionieri tra cui molti
ufficiali. Nella battaglia perse la vita il generale Beuret, molto amato dai suoi soldati.
Questo fece diventare la battaglia molto più feroce e si incominciò a non fare
più prigionieri. Le truppe austriache incominciarono a scappare, sotto i colpi
delle artiglierie francesi. La battaglia si stava volgendo al termine.
Essendo le
altre colonne austriache troppo lontane dal campo di battaglia, fu dato
l'ordine di ritirarsi, con la convinzione di essere attaccati da forze
nettamente superiori alle loro e ritenendosi soddisfatti di aver resistito per
tutta la giornata alle offensive dei franco- piemontesi. Montebello della
Battaglia era conquistata, e le forze alleate si resero conto solo a posteriori
di aver combattuto in gravi condizioni di inferiorità numerica, e questo portò
un grande orgoglio nel aver battuto un nemico molto superiore di numero, così
Forey consigliò di non inseguire le truppe in ritirata e di non avanzare oltre
il paese appena conquistato.
La fine dello scontro
La battaglia
durò nove ore e gli austriaci, protetti dalle unità della colonna a nord e
della brigata Braum ferma a Casteggio, si ritirarono in ordine, senza
essere disturbati dagli alleati vittoriosi. Infatti la cavalleria piemontese
era troppo provata per le continue cariche mattutine e per le numerose perdite
ed era inutilizzabile. Mentre i fanti francesi, che avevano sopportato il
maggior carico della battaglia, affrontando il grosso delle formazioni nemiche,
avevano sofferto molte perdite, comprese tra gli ufficiali. Quindi essendo
stanche le truppe, la nuova coscienza dell'inferiorità numerica e la mancanza
di una cavalleria fresca da lanciare all'inseguiento del nemico furono i motivi
principali che convinsero le truppe franco- piemontesi a fermare l'avanzata.
Così gli austriaci superato Casteggio si diressero oltre il Po verso Pavia, nelle basi da
dove erano partiti. Allo stesso modo i francesi si ritirarono verso Voghera,
dopo aver lasciato acceso a Montebello della Battaglia i fuochi
dell'accampamento per ingannare i nemici.
Paradossalmente
nessuna delle due fazioni aveva compreso la reale consistenza numerica
dell'avversario: i franco- piemontesi sapevano di essere in inferiorità
numerica ma non pensavano che erano quasi un terzo del nemico. Allo stesso modo
gli austriaci credevano di aver combattuto contro l'intero corpo d'armata di
Baraguay d'Hilliers e non solo di una delle sue divisioni. In ogni caso la battaglia
era costata molto ad entrambe le parti
Ordini di battaglia
Alleati Franco-Piemontesi
Armée
d'Italie
I Corpo
d'Armata francese - Prima Divisione
Comandante
in capo: gen. di divisione Elie Frédéric Forey
Brigata
Beuret
- 17° Chasseurs (1
battaglione)
- 74° de linge (3
battaglioni)
- 84° de linge (3
battaglioni)
(totale:
3.417 fanti)
Brigata
Blanchard
- 91° de linge (3
battaglioni)
- 93° de linge (1
battaglioni)
- 98° de linge (3
battaglioni)
(totale:
3.516 fanti)
Brigata di
Cavalleria piemontese
- Cavalleggeri di Novara (3 squadroni) 300
- Cavalleggeri di Aosta (4 squadroni) 350
- Cavalleggeri di Monferrato (2 mezzi squadroni) 100
(totale: 750
cavalieri)
Artiglieria
da campo della riserva di divisione (due batterie)
- 1 batteria dell'8º reggimento
di artiglieria
- 1 batteria del 10º reggimento
di artiglieria
(totale: 12
pezzi da 4 lb mod. "La Hitte")
- 1 squadrone e mezzo del 1º
reggimento Chasseurs d'Afrique 150 cavalieri
Imperiale e Regio Esercito
V Corpo
d'Armata
Comandante:
FML conte Franz Stadion
Capo di
Stato Maggiore: col. Ringelsheim
Colonna di sinistra
Brigata
Schaffgotsche (generale maggiore: conte Schaffgotsche)
(5
battaglioni, 2 squadroni, 8 pezzi di artiglieria)
- 3° battaglioni Jager
(841)
- 2 compagnie del 1º battaglione,
4° Szluiner Grenz Regiment (404)
- battaglione granatieri del 49°
IR Hess (844)
- 3º battaglione 39° IR Don
Miguel (1.200)
- 3º battaglione del 59° IR E.H.
Rainer (866)
- 2 squadroni del 12º reggimento
Ussari Haller (225)
- mezza batteria a piedi da
campagna da 12 lb della riserva divisionale (3 cannoni e 1 obice)
- mezza batteria di
"racchette" (4 lanciatori)
(totale:
4.155 fanti e 225 cavalieri)
Brigata
Braum (generale maggiore: Braum)
(3
battaglioni, 8 pezzi di artiglieria)
- battaglione granatieri del 40°
IR Rossbach (786)
- 2º battaglione del 40° IR Rossbach
(1.088)
- 3º battaglione del 40° IR Rossbach
(740)
- 1 batteria di artiglieria da 6
lb (6 cannoni, 2 obici)
(totale:
2.614 fanti)
Colonna di centro
I Divisione
(FML Barone Paumgartten)
(9.769
fanti, 227 cavalieri, 20 pezzi di artiglieria)
Brigata Gaal
(generale maggiore Gaal)
(6
battaglioni, 2 squadroni, 12 pezzi di artiglieria)
- 1º battaglione del 1° Liccaner
Grenz Regiment (1.250)
- battaglione granatieri del 3°
IR E.H. Karl- Ludwig (770)
- 2º battaglione del 49° IR Hess
(840)
- 1º battaglione del 3° IR E.H.
Karl- Ludwig (780)
- 2º battaglione del 3° IR E.H.
Karl- Ludwig (1.160)
- 3º battaglione del 3° IR E.H.
Karl- Ludwig (1.094)
- 2 squadroni del 12º reggimento
Ussari Haller (227)
- mezza batteria a piedi da
campagna da 12 lb della riserva divisionale (3 cannoni, 1 obice)
- 1 batteria di artiglieria a
piedi da 6 lb (6 cannoni, 2 obici)
(totale:
5.894 fanti, 227 cavalieri)
Brigata Bils
(generale maggiore Bils)
(4
battaglioni, 8 pezzi di artiglieria)
- 2º battaglione del 3° Oguliner
Grenz Regiment (1.250)
- 1º battaglione del 47° IR Kinsky
(950)
- 2º battaglione del 47° IR Kinsky
(1.032)
- 3º battaglione del 47° IR Kinsky
(688)
- 1 batteria di artiglieria a
piedi da 6 lb (6 cannoni, 2 obici)
(totale:
3.875 fanti)
Colonna di destra
I Divisione
(FML Barone Paumgartten)
(5.184
fanti, 487 cavalieri, 12 pezzi di artiglieria)
Brigata
Prinz von Hessen (generale maggiore: Prinz von Hessen)
(6
battaglioni, 3 squadroni, 12 pezzi di artiglieria)
- 4º battaglione del reggimento Kaiser
Jager (711)
- battaglione granatieri del 31°
IR Ungherese Culoz (776)
- 1º battaglione del 31° IR
Ungherese Culoz (1.004)
- 2º battaglione del 31° IR
Ungherese Culoz (1.003)
- 3º battaglione del 31° IR
Ungherese Culoz (984)
- 1º battaglione del 61° IR
Ungherese Zobel (670)
- 3 squadroni del 12º reggimento
Ulani Koenig beider Sicilien[6] (487)
- mezza batteria a piedi da
campagna da 12 lb della riserva di divisione (3 cannoni, 1 obice)
- 1 batteria di artiglieria da 6
lb (6 cannoni, 2 obici))
(totale:
5.148 fanti, 487 cavalieri)
Riserve
(2
battaglioni, 2 squadroni, 20 pezzi di artiglieria)
- battaglione granatieri del 47°
IR Kinsky (847)
- battaglione granatieri del 39°
IR Don Miguel (950)
- 2 squadroni del 12º reggimento
Ussari Haller (225)
- mezza batteria a piedi da
campagna da 12 lb (3 cannoni, 1 obice)
- 1 batteria di artiglieria a
piedi da 6 lb (6 cannoni, 2 obici)
- 1 batteria di racchette (8
lanciatori)
- 2 equipaggi da ponte
- 1 compagnia di sanità
(totale:
1.797 fanti, 225 cavalieri)
Commemorazioni
Ogni anno a Montebello il 20 maggio la battaglia
viene ricordata tramite una processione per le vie del paese che termina
all'ossario della "Bell'Italia". A questa partecipano anche i Lancieri di Montebello
con una rappresentanza.
Il 3 giugno 1859 Giosuè Carducci dedicò alla vittoria una poesia
intitolata Montebello.
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