venerdì 30 settembre 2011

SAN COLOMBANO DI BOBBIO

COLOMBANO DI BOBBIO.......San Colombano (Navan( cittadina dell'Irlanda, capoluogo di contea del Meath, nella Provincia di Leinster.), 542 circa – Bobbio, 23 novembre 615) è stato un monaco, abate e missionario irlandese, noto per aver fondato numerosi monasteri e chiese in Europa.È conosciuto anche con altri nomi, impropri e più rari, quali san Colombano di Luxeuil (in Francia) o san Colombano di Bobbio o san Columba il Vecchio. In gaelico è chiamato Colum.Tramite le sue numerose fondazioni contribuì alla diffusione in Europa del monachesimo irlandese. Stabilì una regola monastica che in seguito si assimilò a quella benedettina e fu definitivamente abrogata anche formalmente nel 1448 da papa Niccolò V. Introdusse con il Paenitentiale l'uso della confessione privata in sostituzione di quella pubblica per il sacramento della penitenza.Colombano andò a scuola presso un maestro laico (fer-lèighin), apprendendo a leggere e a scrivere. Come gli altri giovani si occupava inoltre dei lavori della famiglia (allevamento del bestiame, conciatura delle pelli, caccia e pesca) e apprese anche a cavalcare e ad usare l'arco e la spada.A quindici anni decise di farsi monaco, nonostante l'opposizione della madre. Abbandonò la famiglia e si recò al monastero di Clinish Island (Cluane Inis, in gaelico), sull'isola di Cleen dei laghi Lough Erne, dove venne accolto dall'abate Sinneill, che aveva studiato nel monastero di Clonard con Columba di Iona (Columcille). Qui Colombano studiò le Sacre Scritture e apprese il latino.Terminati gli studi si trasferì presso il monastero di Bangor (Irlanda del Nord), dove sotto la guida dell'abate Comgall si praticava una stretta disciplina ascetica e la mortificazione corporale. Secondo la tradizione monastica irlandese, Colombano decise di seguire la peregrinatio pro Domino, partendo per fondare altri monasteri e diffondere la fede cristiana.Nel 612 Colombano decise di recarsi a Roma, per ottenere l'approvazione della propria regola da parte del papa Bonifacio IV. Lungo il cammino il suo discepolo san Gallo fu costretto a fermarsi perché ammalato e fondò in quel luogo l'abbazia di San Gallo.Secondo la leggenda agiografica per essersi voluto fermare in seguito alla malattia, Colombano avrebbe imposto al discepolo di non celebrare più messa fino alla sua morte. Nel momento della morte di Colombano, Gallo avrebbe avuto in sogno la visione di Colombano che in forma di colomba bianca saliva al cielo e avrebbe celebrato duque la sua prima messa in suo onore.Giunto a Pavia, Colombano si pose sotto protezione del re longobardo Agilulfo, che era tuttavia ariano, e della regina Teodolinda, che gli chiesero un suo intervento nella spinosa questione tricapitolina. In cambio il santo ottenne la possibilità di creare sul suolo demaniale un nuovo centro di vita monastica. Il luogo, segnalato da un certo Giocondo, venne esaminato dalla stessa regina Teodolinda, salita sulla vetta del monte Penice, la quale chiese al santo di dedicare alla Madonna la piccola chiesetta in cima alla vetta, futuro santuario di Santa Maria.L'area si trovava nel cuore dell'Appennino in una zona fertile e molto produttiva, dove abbondavano acque correnti e c'era pesce in quantità. Nella zona si trovavano anche antiche terme e sorgenti, sia termali che saline da cui si traeva il sale. La scelta del luogo ne faceva un avamposto religioso e politico controllato dal regno longobardo verso le terre liguri, ancora bizantine. Con il documento del 24 luglio del 613 che donava a Colombano il territorio per fondarvi il nuovo monastero, vennero attribuiti a questo anche la metà dei proventi delle saline del luogo, che appartenevano in precedenza al duca Sundrarit.Colombano giunse a Bobbio nell'autunno del 614 con il proprio discepolo Attala, riparò l'antica chiesa di San Pietro (situata dove ora vi è il castello malaspiniano) e vi costruì attorno delle strutture in legno, che costituirono il primo nucleo dell'abbazia di San Colombano.Secondo la leggenda agiografica, nonostante la presenza di una fitta boscaglia, che ostacolava il trasporto dei materiali da costruzione, san Colombano avrebbe sollevato i tronchi come fuscelli, facendo il lavoro di trenta o quaranta uomini. La leggenda riferisce anche dell'episodio dell'orso e del bue, che fu in seguito numerose volte raffigurato nell'arte: un orso uscito dalla foresta avrebbe ucciso uno dei due buoi aggiogato all'aratro di un contadino, ma san Colombano avrebbe convinto l'orso a lasciarsi aggiogare all'aratro per terminare il lavoro al posto del bue ucciso.Nella quaresima del 615 Colombano si ritirò nell'eremo di San Michele presso Coli, lasciando a Bobbio come suo vice Attala, e tornando al monastero solo alla domenica. Qui gli giunse la visita di Eustasio, suo successore a Luxeuil, inviato dal re Clotario II, il quale aveva nel frattempo riunito sotto il suo dominio i tre regni merovingi precedentemente esistenti e desiderava il suo ritorno in Francia.Colombano morì a Bobbio, nell'abbazia che aveva fondato, all'età 75 anni, la domenica 23 novembre del 615. Come secondo abate del monastero gli succedette Attala (615-627). La sua tomba si trova tuttora nella cripta dell'abbazia insieme a quelle degli abati suoi successori (Attala, Bertulfo, Bobuleno e Cumiano e di altri diciotto monaci e di tre monache.Giona, monaco nell'abbazia di San Colombano a Bobbio, fu incaricato dall'abate Attala di scrivere una biografia in latino del santo che è la fonte principale per le vicende della sua vita.Nel panorama del monachesimo altomedioevale, l'abbazia di Bobbio acquisì un notevole rilievo, grazie non solo alla notevole dotazione patrimoniale, che ne fece un grande feudo monastico, e e alla protezione regia e poi imperiale di cui godette fin dalla sua fondazione, ma anche e soprattutto per l'attività culturale che vi si svolgeva. Già nell'VIII secolo l'abbazia fu nota per l'attività del suo scriptorium e per la ricchezza della sua biblioteca.

domenica 25 settembre 2011

STRADE DELL' IMPERO ROMANO IN OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE

STRADE DELL'IMPERO ROMANO......La VIA POSTUMIA... è una via consolare romana fatta costruire nel 148 a.C. dal console romano Postumio Albino nei territori della Gallia Cisalpina, l'odierna pianura padana, per scopi prevalentemente militari.Congiungeva per via terra i due principali porti romani del nord Italia, Genova e Aquileia, grande centro nevralgico dell'Impero Romano, sede di un grosso porto fluviale accessibile dal Mare Adriatico.
Per trovare i due successivi porti più importanti si doveva scendere a Roma dal lato tirrenico e a Ravenna dal lato adriatico.La strada, lasciata Genova, percorreva la Val Polcevera fino a Pontedecimo (Pons ad decimum lapidem) quindi valicava l'appennino nei pressi dell'odierno Passo della Bocchetta. Bisogna ricordare che la strada proseguiva, anche sul tracciato di precedenti percorsi liguri, per i crinali anziché per i fondovalli. Pertanto dalla Bocchetta (o Pian di Reste) procedeva per il Monte Poggio, passando per l'odierno Fraconalto (inizialmente Fiaccone, sorto nel Medioevo, probabilmente attorno ai secoli IX-X), quindi scendeva (per il valico presso l'attuale Castagnola, frazione di Fraconalto), risaliva per il Monte Porale, e quindi da qui scendeva verso la pianura passando per la fiorente Libarna. La meta finale di questo primo settore dell'Oltregiogo era Dertona (oggi Tortona). Questo tratto diventerà poi comune con diramazione della via Emilia Scauri.Proseguendo nel suo cammino,passando per Iria(Voghera) e Clastidium (Casteggio), giungeva a Placentia, (Piacenza), dove si intersecava con la via Emilia, e quindi Cremona, Verona, Vicenza, Oderzo e, forse, Iulia Concordia (Concordia Sagittaria).Era l'unica via interamente terrestre che consentiva di arrivare da Roma all'est e al trentino, in quanto il suo ponte a Verona era l'unico ponte sull'Adige.Con l'apertura della nuova via Julia Augusta tra Tortona e Vada Sabatia (Vado Ligure), che tagliava fuori Genova, il primo tratto della strada perse progressivamente importanza e con essa le zone della valle del Lemme. Al contrario acquistarono importanza le zone intorno ad Acqui Terme.La via Postumia, con qualche modifica, rimase attiva (con alterna fortuna) almeno fino all'VIII secolo sotto il controllo dei monaci della potente Abbazia di San Colombano di Bobbio, per poi cadere lentamente in disuso fino ad essere dimenticata.Fu in parte ripresa dopo l'anno Mille, come percorso privilegiato, dalla Repubblica di Genova, che pose sotto il suo controllo i centri di Gavi, Voltaggio e Fiaccone (Fraconalto).
La meta finale di questo primo settore dell'Oltregiogo era Dertona (oggi Tortona). Questo tratto diventerà poi comune con diramazione della via Emilia Scauri.Proseguendo nel suo cammino,passando per Iria(Voghera) e Clastidium (Casteggio), giungeva a Placentia, (Piacenza), dove si intersecava con la via Emilia, e quindi Cremona, Verona, Vicenza, Oderzo e, forse, Iulia Concordia (Concordia Sagittaria).

giovedì 15 settembre 2011

DAI LONGOBARDI AL MEDIOEVO.......

nell'alto medioevo, epoca dei secoli bui,risalgono al monaco Giona di Bobbio: egli narra che il monaco bobbiese Meroveo, mandato dall'abate di Bobbio Sant'Attala a Tortona, scoprì un tempio ancora officiato da pagani in fitte boscaglie presso Vicus Iriae. Questa forma del VII secolo rappresenta l'anello di congiunzione tra Iria e Viqueria, la forma medievale usata successivamente. Iria era decaduta in quel periodo a vicus, villaggio, in conseguenza delle invasioni barbariche: si ricorda in particolare Gundobado, re dei Burgundi, che al tempo della guerra tra Odoacre e Teodorico (490) aveva orrendamente saccheggiato la regione attorno a Pavia, deportandone schiavi gli abitanti. In questa occasione forse anche Iria fu devastata, benché la storia non la nomini distintamente.Fin dall'epoca longobarda(i Malaspina sono una delle famiglie discese dal ceppo degli Obertenghi, il cui capostipite fu Oberto I (Otbert o Odebertus), che fu attorno alla metà del X secolo conte palatino (conte del Sacro Palazzo di Pavia e massima autorità giudiziaria nel Regno), e dal 951 Marchese di Milano e Conte di Luni e della marca da lui detta Obertenga, nella Liguria Orientale, comprendente i comitati di Milano, Genova, Tortona, Bobbio, Luni e zone limitrofe [in pratica più o meno l'attuale Lombardia più il Novarese, la Svizzera Italiana e l'Emilia con Ferrara; il Genovesato fino alla Lunigiana e alla Garfagnana e parte del Piemonte, cioè Tortona, Novi Ligure e l'Oltregiogo).
vi operano quindi i monaci colombaniani della potente Abbazia di San Colombano e del grande Feudo monastico di Bobbio, che vi fondano il Monastero di San Colombano nella frazione di Torremenapace evangelizzando il territorio. Essi favorirono espansione dei commerci dell'agricoltura e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.All'epoca di Liutprando venne fondato il Monastero del Senatore di Pavia (714), tra i cui beni fin dall'inizio ci fu la chiesa di Sancti Petri de Stafula, cioè la chiesa che diede nome alla Porta San Pietro (attuale piazza San Bovo) e al borgo sulla strada che adduceva al ponte sulla Staffora. Questo monastero era tra i massimi possidenti in Voghera: oltre alla chiesa di San Pietro possedeva quella di Sant'Ilario, ancor oggi esistente (Chiesa Rossa e sacrario della Cavalleria), tutte le terre oltre il torrente e quelle tra lo stesso e il centro abitato. Altri enti religiosi ebbero vasti possedimenti a Voghera: i monasteri di San Salvatore, di San Felice e di San Pietro in Ciel d'Oro, sempre di Pavia, e quello di San Marziano di Tortona. Voghera apparteneva già allora alla diocesi di Tortona, di cui costituiva una della pievi più importanti, dedicata a San Lorenzo.Il re Berengario I assegnò la giurisdizione su Voghera al vescovo di Tortona, staccandola da quella di Bobbio, anche se entrambe facevano parte dell'arcidiocesi di Genova e della marca Obertenga (liguria orientale); confermata poi da Ottone I, che assegnò al presule tortonese i diritti comitali sul territorio circostante per un raggio di un miglio. I diritti del vescovo erano però limitati da quelli dei grandi monasteri possidenti, specie quello del Senatore, che oltre a godere di ampia immunità sulle sue terre, si ingeriva costantemente nelle questioni della comunità vogherese. Da qui lunghissime liti.I possedimenti dei monasteri pavesi evidenziano la progressiva preponderanza che la città di Pavia stava assumendo nel territorio oggi detto Oltrepò Pavese; in una lite tra Voghera e Bagnolo (oggi solo cascina ma un tempo luogo importante presso Casei Gerola) i due centri furono spalleggiati rispettivamente da Pavia e Tortona, che già dimostravano la loro inimicizia poi tanto funesta. Nel 1164 Voghera fu definitivamente assoggettata, per diploma di Federico I, alla giurisdizione del comune di Pavia.Nel medesimo periodo, a cura del monastero del Senatore, fu edificato fuori porta San Pietro un grande ponte sulla Staffora, a sei arcate a pieno sesto, abbattuto nel XIX secolo dopo la costruzione del nuovo ponte in occasione del riattamento della strada per Piacenza. Questo ponte (sito in fondo a via Ponte Vecchio: oggi ne rimane qualche avanzo) fu ritenuto romano, ma in realtà fu compiuto solo verso il 1180: si potrebbe definire piuttosto romanico. La costruzione del ponte fu resa necessaria dal grande afflusso di pellegrini diretti a Roma, dal che l'antica strada tra Tortona e Piacenza prese il nome di Romera che ancora conserva popolarmente. In quel periodo stava infatti diventando la via preferita dai pellegrini al posto della via Francigena. Per i pellegrini a Voghera sorsero anche due ospizi, entrambi detti di San Giovanni, uno gestito dagli Ospitalieri e l'altro dai Templari. Tra i molti che passarono da Voghera, alcuni vi si spensero, e in particolare San Bovo e San Rocco, cui furono pure dedicati ospizi siti rispettivamente a est e a ovest della città. Questi santi resero celebre Voghera nel mondo cristiano (il corpo di San Rocco fu trafugato dai Veneziani nel 1485).