mercoledì 16 ottobre 2013

OBERTENGHI

 Obertenghi è il nome della dinastia di origine longobarda che prende avvio da Oberto I (Otbert o Odebertus), marchese di Milano, conte di Luni e reggente della Marca che nel X secolo da lui prese nome; un territorio che comprende la Lombardia (con la Svizzera Italiana e Novara), l'Emilia con Bologna esclusa (poi si aggiunse anche Ferrara) parte del Piemonte (l'Oltregiogo con Tortona, Novi Ligure, Ovada e la val Bormida) e parte della Liguria e della Toscana, dal Genovesato fino alla Lunigiana e alla Garfagnana, e poi indirettamente anche la Corsica e parte della Sardegna.
Gli appartenenti alla famiglia avevano il titolo onorifico di Principi di San Colombano.Fin dall'impero romano, dai bizantini, dai longobardi e dai franchi nel nord Italia vi era la regione Liguria (IX regione romana), che nel IV secolo aveva unito i territori della Liguria (con capitale Genova) con quelli dell'Emilia (Regio VIII Aemilia) con capoluogo Piacenza) e verso la fine dello stesso secolo anche la Transpadana (XI regione romana con capoluogo Milano (Mediolanum), il nome fu mantenuto Liguria, ma la nuova capitale era Milano (diventata anche capitale imperiale sotto Massimiano), con i governatorati di Genova e Piacenza.
Il territorio era vastissimo a e comprendeva l'attuale Liguria (con le Alpi marittime ed il Nizzardo, fino alla Lunigiana ed alla Garfagnana), il Piemonte e la Valle d'Aosta, la Lombardia (con la Svizzera Italiana) e l'Emilia (Bologna esclusa).
Sotto i Bizantini si formò anche la Provincia Marittima Italorum con capitale a Genova, ma il tutto passò dal 641 ai Longobardi prima e successivamente ai Franchi che riunificarono la regione preesistente, senza però modificare l'assetto dato dai romani con la formazione di ducati longobardi o contee franche. Unica effettiva trasformazione fu il trasferimento della capitale a Pavia, rimanendo comunque quella religiosa a Milano, sede dell'arcivescovato.
Dal 614 si formò il Feudo monastico di Bobbio con al centro l'Abbazia di San Colombano, che successivamente diverrà Contea Vescovile avendo avuto il titolo di Città da Enrico II (1014); sotto i monaci di San Colombano grazie alla donazione del re longobardo Agilulfo, con la mediazione della regina Teodolinda e l'esenzione papale; da Bobbio (4 miglia) si espanse nei secoli successivi fino a tutta la val Trebbia (dai pressi di Piacenza fino a Torriglia), l'Oltrepò pavese,la Val Curone, la val Tidone, con Trebecco, Ruino, Romagnese, la val Nure e la val d'Aveto su un unico territorio e da feudi sparsi per tutta l'Italia settentrionale; in Liguria fino nei dintorni di Genova e dall'entroterra fino al mare da Camogli e San Colombano Certenoli ed il porto di Moneglia a tutto il Tigullio, le Cinque Terre da Levanto fino a Portovenere e Lerici e le tre isole (Palmaria, Tino e Tinetto con il monastero di San Venerio), inoltre anche le isole liguri di Bergeggi e Gallinara, fino alla Lunigiana e la Garfagnana, oltre che le isole dell'arcipelago toscano (Elba, Capraia, Montecristo, ecc.) sulla costa di ponente da Albenga a Mentone e al Col di Tenda (zona abbandonata dopo le incursioni saracene); in Gallura; in Piemonte nell'Oltregiogo (Tortona, Novi Ligure, Ovada e la val Bormida), nelle Langhe ed il Monferrato arriva alle porte di Torino e in valle Pellice (Bobbio Pellice), in Emilia ha la zona appenninica dalla val Nure fino a Pontremoli (Via Romea prima e Via Francigena dopo) passando per Bedonia, Bardi, la val di Taro (Borgo Val di Taro), Berceto e la Cisa (Via degli Abati), dalla val Fontanabuona, per la val di Vara al Magra; inoltre ha possedimenti circoscritti a Genova, Piacenza, Mantova, Venezia, Ferrara, Ravenna, Pavia, Pisa, Lucca ed Ascoli Piceno, in Lombardia nel Lodigiano (San Colombano al Lambro), attorno al lago di Como e la Valsassina (Piani di Bobbio), al lago di Garda (da Salò a Bardolino), sui laghi di Mantova, sul Mincio a Comacchio verso Venezia, con una flotta di imbarcazioni che oltre al mare navigava sul Po e sul Ticino da Pavia verso la Svizzera o verso il mare, ed aveva in concessione i trasporti terrestri (dazi e gabelle) e la loro manutenzione sui suoi territori (vie del sale, dell'olio, del vino, del pesce, della carne, del legname e carbone, ecc).
Per la difesa di tutti questi territori, con l'approvazione imperiale e papale, Bobbio si affida a guardie armate comandate dai discendenti degli Obertenghi, in esso i monaci vi avevano costruito numerosissimi monasteri collegati anche a quelli all'estero con strade percorse da monaci e pellegrini; vi erano numerosissini castelli e fortificazioni sul territorio a protezione anche religiosa, specie dal periodo delle invasioni saracene. Dopo la decadenza del X secolo, a quella successiva dopo la scomunica del Vescovo Guarnerio e alle infeudazioni dal 1164 da parte dell'imperatore Federico Barbarossa dopo l'affievolirsi della protezione imperiale e papale, i feudi passarono buona parte direttamente agli Obertenghi che ampliarono le fortificazioni e castelli con l'appoggio imperiale e successivamente ai loro discendenti di vari rami collaterali.
La Contea di Bobbio si ridusse solo a parte della val Trebbia, dell'Oltrepò, e con i borghi di Trebecco, Ruino, Romagnese e Zavattarello nell'alta Val Tidone in quella che sarà poi il feudo dei Malaspina e dei Dal Verme.
Nel 950-951 il re Berengario II terminò la riorganizzazione del territorio ligure e del nord d'Italia, iniziata da Ugo di Provenza.
conte Aleramo di Vercelli (Marca Aleramica - Liguria centro-occidentale con Vercelli, il Monferrato, Ceva, Acqui Terme fino alle coste liguri di ponente da Oneglia fino ad Albenga);
conte di Torino Arduino il Glabro (Marca Arduinica - Torino e Ivrea fino alle Alpi Marittime e sulle coste liguri dal Nizzardo e da Ventimiglia a Sanremo);
marchese Oberto I (il grande) marchese di Milano e conte di Luni (la Marca Obertenga, detta poi Marca Januensis - Liguria orientale).
Quest'ultimo era stato nominato marchese di Milano già prima del 951, con autorità sui Comitati prima appartenenti ai marchesi di Tuscia, di Milano, della Repubblica di Genova, Luni e Tortona (governati direttamente) e su quelli di Bobbio, Parma e Piacenza, Modena e Reggio Emilia, Ferrara, Ascoli Piceno (si aggiunse in un secondo tempo), poi feudi minori (governati da vescovi od abati od altri feudatari).
Gli eredi di Oberto I: Adalberto I e Oberto II [(Oberto Obizzo) morto nel 972] mantennero in consorzio la carica marchionale con l'appoggio imperiale da Ottone I ad Arduino e Corrado II.

lunedì 14 ottobre 2013

LA REGIONE DELLE QUATTRO PROVINCE E LA MARCA OBERTENGA

 La presenza sempre più diffusa dei monaci sulle montagne e la conseguente evangelizzazione delle popolazioni avevano portato una certa tranquillità. Rispetto al periodo romano, mutavano nuovamente le vie seguite dai commerci. Il sistema dei monasteri aveva sostituito le mansioni romane nella loro funzione itineraria.
Uno di questi itinerari dovette seguire il re Liutprando quando, nel 725, partì da Pavia con un corteo di prelati, di nobili e di popolo per presenziare personalmente alla traslazione delle spoglie di Sant'Agostino nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro, dove sono tuttora conservate. Il santo era morto a Bona, in Algeria, nel 430 d.C., e le sue spoglie già nel VI secolo erano state trasferite in Sardegna per sottrarle agli Arabi che avevano invaso tutto il Nord Africa. Quando nell'VIII secolo anche la Sardegna venne invasa, Liutprando riuscì a riscattare le preziose spoglie, che giunsero via mare e furono sbarcate a Genova. [Da questo viaggio del re prenderebbe nome il monte Liprando, posto lungo il crinale che separa le valli Pentemina e Brevenna, che costituiva una comoda via comunicazione.]
In funzione antisaracenica erano state costituite da Berengario II, nel 952, le marche Arduinica, Aleramica ed Obertenga, in un territorio che si estendeva ad arco dalle Alpi Marittime fino al Tirreno. Vi erano sparsi numerosi castelli, sistema portante nell'azione di controllo e di difesa della regione. Le Quattro Province erano incluse nella marca Obertenga, che si estendeva da qui fino alla Toscana.
Ma l'unità della marca, venute meno le cause principali in ragione delle quali era stata costituita, si sgretolò e si indebolì sempre più. Dal ceppo obertengo dei marchesi di Toscana ebbe origine la numerosa e longeva discendenza dei marchesi Malaspina, il cui dominio feudale era stato ufficialmente sancito dal diploma di investitura di Federico Barbarossa a Obizzo Malaspina, nel 1164.
Alle origini del nome Malaspina è una leggenda: un certo Azzino, nel 526, uccise con una spina Teodoberto, re dei Franchi. L'episodio è illustrato con cinque formelle in arenaria che ornano il portale d'ingresso del palazzo Malaspina di Godiasco. Il bassorilievo mostra il re dei Galli mentre assale la città di Milano. Marte ostacola l'ingresso ma il portale viene aperto con il tradimento. Sant'Ambrogio appare in sogno al tiranno, predicendogli l'imminente morte cruenta. Un giorno il re, andato a caccia da solo nel bosco, si addormenta in grembo ad un fanciullo, che lo sgozza con una spina. Le sue ultime parole furono "ahi malaspina!". Ma questo nome, come altri attribuiti a signori di quel tempo quali Ribaldo, Pelavicino, Malnipote e Malapresa, è da riferirsi più verosimilmente al modo non sempre onesto di amministrare i loro feudi, esigendo con ogni mezzo il pagamento di tributi e gabelle.
I Malaspina estendevano i loro possessi sull'ampio arco di vallate che andavano dalla Lunigiana fino al Tortonese. Il carattere tipicamente montuoso del loro territorio, che veniva a trovarsi come isolato in un quadrato ai cui vertici erano le città di Genova, Tortona, Piacenza e la Lunigiana, consentì alla casata di conservare per secoli la propria autonomia. All'inizio la marca si presentava ancora nella sua unità, e Obizzone, diretto discendente di quell'Oberto Obizzo I al quale era toccata la quarta parte dell'intero patrimonio obertengo, fu tra i personaggi di primo piano nella lotta fra i Comuni e l'Impero. Tre anni dopo la sua investitura, per ricambiare i favori imperiali, corse in aiuto del Barbarossa, salvandolo dall'agguato di Pontremoli. L'imperatore, sceso per la quarta volta in Italia, dopo aver conquistato Roma, era stato costretto ad un ritorno in patria a causa di un'epidemia. Il marchese Obizzo lo scortò lungo tutti i suoi feudi montani, passando per Oramala e Sant'Alberto di Butrio, facilitando il suo ritorno in Germania.
La rocca di Oramala fu tra le dimore preferite dei Malaspina, nel periodo di maggior splendore. Costruita sulla sommità di un colle boscoso, di cui sembra il naturale prolungamento, domina dall'alto la piana di Varzi, spingendo lo sguardo verso Sud fino alla zona di Pregola, dove si trovavano altre fortezze dei Malaspina. Dopo un periodo di scontri e guerre, Obizzo il Grande aveva suscitato tra gli appartenenti alla famiglia l'amore per le tradizioni cavalleresche, il culto per la gentilezza e la cortesia. La rocca della valle Staffora era meta di numerosi trovatori. Qui si levarono i primi canti provenzali in Italia.
In seguito la casata andò incontro ad un lento ma continuo sfaldamento. Una delle principali cause era l'abitudine di frazionare i feudi, dividendoli in parti uguali fra i figli maschi. Come conseguenza di queste ripetute suddivisioni del patrimonio, nacquero lotte tra i diversi rami della stessa famiglia, che portarono alla dispersione dei possedimenti. La divisione più rilevante, stipulata da Obizzino e Corrado l'Antico, nipoti di Obizzo il Grande, segnò la distinzione araldica che da allora indicò i rami della famiglia. Da Corrado l'Antico discese il ramo dello Spino Secco. Da Obizzino discese il ramo dello Spino Fiorito. Lo stemma araldico, in campo dorato e sormontato da un'aquila, simbolo dell'Impero, aveva nel primo caso un rovo con sei rami muniti di aculei; nell'altro il rovo era decorato, alle estremità, da sei rami di fiori di spino.
Le castellanie, in seguito, furono sempre più soggette all'aggressione della feudalità minore, cresciuta ai margini, e delle importanti famiglie cittadine che miravano ad annettere domini rurali ai loro possedimenti. Alla periferia del loro territorio cominciavano a crescere e a rafforzarsi le città, che cercavano di espandere la loro influenza nelle valli, lungo le quali transitavano i commerci fra la pianura e la zona costiera.
La città di Pavia, volendosi garantire una propria via di comunicazione con Genova, ottenne nel 1284 la stipulazione di un trattato con i marchesi Malaspina. Veniva regolata la questione dei pedaggi per il transito delle merci in valle Staffora; i marchesi si obbligavano fra l'altro a garantire la sicurezza dei viaggiatori. In val Trebbia i Malaspina erano insediati sia nei territori a monte di Bobbio, sia nella media valle fino a Rivalta, Rimaneva escluso Bobbio con il suo circondario, che apparteneva ai monaci dei monasteri di San Colombano e di San Paolo di Mezzano. Ma gradualmente le curie ed i castelli della val Trebbia entrarono nell'orbita del comune di Piacenza, il quale, lasciando l'esercizio di certi poteri locali agli antichi proprietari, diventò in effetti il principale dominatore. Analoghe vicende accaddero ai confini occidentali dell'antica marca Obertenga, che comprendeva le valli dello Scrivia e dei suoi affluenti. Tortona e Genova tentarono di allargare la propria influenza al di fuori delle mura cittadine. La città di Tortona gravitava sui territori ad Est dello Scrivia ed in val Borbera, dove aveva ereditato beni che erano appartenuti ai monasteri devastati dai Saraceni, come Vendersi e Savignone.
I maggiori feudatari incontravano difficoltà nell'amministrare i castelli più lontani, dei quali a volte erano costretti a cedere rendite e pedaggi ai signori che li governavano quali loro rappresentanti. Questa situazione indeboliva progressivamente i feudi, che rimanevano sempre più esposti all'azione di alcune importanti casate, che nel frattempo si erano rafforzate, e che cominciavano a far sentire la loro presenza nella regione.
I Fieschi di Lavagna, lontanamente imparentati con gli Obertenghi, avevano trovato nella città di Genova un ostacolo alla loro espansione nella fascia costiera. Favoriti dal loro pontefice Innocenzo IV Fieschi, si erano creati un dominio feudale nell'entroterra, nei territori che in precedenza erano appartenuti ai Malaspina. In un primo tempo avevano acquisito feudi in Lunigiana e in val di Vara, spingendosi in seguito verso ovest. Non ostacolati da Genova, acquistarono i feudi di Savignone, Montoggio, Crocefieschi e Casella, occupando interamente l'alta valle Scrivia. Da questa posizione potevano controllare efficacemente la strada che proveniva da Genova e proseguiva in direzione della pianura. Il controllo fu ancora più efficace dopo l'acquisto di Mongiardino e di Cremonte, nella stessa val Borbera. La loro espansione fu completata con l'acquisizione di Torriglia e di Carrega, lungo la via del monte Antola, di Grondona in valle Spinti, e di Garbagna in val Grue, in pieno territorio tortonese.
Un'altra importante famiglia genovese, gli Spìnola, favorita inizialmente dalla sua stessa città, aveva posto le sue basi in valle Scrivia, precisamente a Ronco e Isola. Gli Spinola discendevano dai Carmandino, una delle casate a cui i marchesi Obertenghi, pur non appartenendo alla loro stirpe, avevano assegnato dei possedimenti in loro rappresentanza. L'espansione degli Spinola si rivolse nelle valli a levante dello Scrivia, con l'acquisto dei castelli di Campolungo, di Grifoglieto e successivamente di Mongiardino, che era appartenuto ai Fieschi, controllando in questo modo le comunicazioni fra la valle Scrivia e le valli Vobbia e Borbera. In seguito acquistarono anche Cantalupo e Dernice, importanti centri di transito lungo la via che portava a Tortona e Voghera. Così, alle spalle di Genova, il dominio degli Spinola acquistò sempre maggiore importanza, non tardando ad infastidire la stessa città che in un primo tempo aveva favorito la loro espansione.
Lo sforzo compiuto dai feudatari per acquisire una maggiore indipendenza dalle grandi potenze confinanti, ed il desiderio di unirsi in difesa dei comuni interessi e privilegi, si concretizzò nel 1495. Massimiliano I, riaffermando la supremazia dell'Impero sull'Italia settentrionale, investì dei feudi Ludovico il Moro; essi acquisirono in questo modo una loro consistenza politica, e vennero chiamati Feudi Liguri Imperiali.
Anche i Fieschi, come gli Spinola, avevano ottenuto, nella persona di Gian Luigi il Vecchio, il riconoscimento ufficiale dell'Impero, con l'investitura del 1495. Tuttavia, la loro politica aggressiva nei confronti di Genova, che minacciavano ripetutamente dalle loro postazioni appenniniche, ed il loro propendere su alcune questioni più per la Francia che per Carlo V e l'Impero, li portarono ad una grave crisi e ad una quasi totale perdita dei loro domini. Dopo la morte di Sinibaldo Fieschi, le vicende precipitarono in occasione della fallita congiura di Gian Luigi Fieschi. Questi il 2 gennaio del 1547, con una sortita, tentò di mettersi a capo della Repubblica genovese, avendo come obbiettivo l'uccisione di Andrea Doria. Ma il piano non riuscì. Scattò allora la rappresaglia dei Doria, unita all'intervento dell'imperatore Carlo V, che aveva messo a capo delle sue milizie, nell'occasione, Agostino Spinola. Quest'ultimo, da tempo in lotta con i vicini feudatari, sperava di ricevere come compenso gli eventuali feudi confiscati. I congiurati si erano rifugiati nella fortezza di Montoggio, che cadde dopo un lungo assedio, segnando la loro definitiva sconfitta.
Ai Fieschi rimase solamente il feudo di Savignone, avviato ad un graduale impoverimento. L'imperatore operò la suddivisione dei feudi confiscati. A Genova furono consegnati Montoggio, Roccatagliata e Varese Ligure. Ai Doria, fautori dell'Impero, vennero assegnati i feudi di Garbagna e Grondona, in territorio tortonese, Torriglia e Carrega, nella regione del monte Antola, e molti altri verso levante, fino alla val di Taro.
I Doria, ricevuta l'investitura sui feudi da Carlo V nel 1549, avevano rivolto le loro principali attenzioni alla parte più orientale dei loro domini, senza interferire con la presenza degli Spinola in valle Scrivia e in val Borbera. La base del loro comando era stata insediata nel castello di Santo Stefano, in val d'Aveto. In seguito la loro politica espansionistica si concretizzò con ripetuti acquisti di castelli già appartenuti ai Fieschi, dovendosi guardare dalla concorrenza di alcune importanti famiglie genovesi che nel frattempo si erano rafforzate ed affacciate in val Trebbia, acquistando beni messi in vendita dai discendenti della famiglia Malaspina. Fra questi, i Centurione, mercanti genovesi, erano entrati in possesso dei feudi di Fontanarossa e Campi, ed avevano fatto costruire il palazzo fortezza di Gorreto.
I Doria avevano acquistato il feudo di Ottone, con il castello. Agli anelli di ferro, infissi nelle solide mura, pare venissero appese le membra squartate dei malfattori. Durante la loro dominazione furono emanati gli "Statuti dei Doria di Ottone", derivati dai "Codici di Cariseto" precedentemente diffusi dai Malaspina. Le punizioni previste, per chi veniva meno alla legge, erano molto dure. Ancora oggi in val Trebbia si dice "giustizia di Cariseto" per indicare un giudizio severo.
Più a Nord, nelle terre comprese fra il Trebbia e lo Staffora, gli eventi storici erano ancora legati ai complessi casi della famiglia Malaspina. La proprietà del castello di Pregola, sede della linea più importante della famiglia, era divisa fra i suoi membri. Nel 1570 il marchese Gian Maria tentò di impadronirsene con il tradimento, ma il tentativo fallì. Per rappresaglia, Gian Maria devastò i territori di Zerba e Belnome, uccidendo uomini e donne e razziando il bestiame. Cinque anni dopo tentò nuovamente di impossessarsi del castello. Non riuscendo a portare a termine l'impresa, lo incendiò e lo distrusse. Per i suoi misfatti gli furono confiscati tutti i beni.
Con il trascorrere del tempo, per il mutare delle condizioni storiche, in tutta la regione apparivano superate le originarie funzioni dei castelli, edificati in epoca medioevale sulla sommità dei poggi, in luoghi di più facile difesa. Nei fondovalle si aprivano nuove vie di comunicazione, e nei centri attraversati venivano costruiti i palazzi cui faceva capo la giurisdizione dei feudi. Questi vennero progressivamente elevati da semplici signorie a baronie, contee, marchesati e principati, conferendo loro un crescente prestigio. Le ricche famiglie cittadine sostituirono gradatamente gli antichi feudatari finiti in rovina. Nell'acquisto di beni fondiari trovavano modo di investire i capitali accumulati con il commercio, e potevano inoltre fregiarsi di titoli nobiliari.
Ma nella struttura dei Feudi Liguri Imperiali venne mantenuto, alle spalle di Genova, un territorio indipendente, che procurò sempre alla città preoccupazioni e danni ingenti. Diverse volte Genova tentò di entrarne in possesso, proponendone anche l'acquisto all'imperatore con grosse somme. Ma i feudatari, guidati dagli Spinola, con un appello all'autorità imperiale fecero fallire il progetto di Genova.
La storia dei Feudi Liguri Imperiali ebbe termine con la discesa in Italia di Napoleone Bonaparte. Questi, nella primavera del 1796, fissò il suo quartier generale a Tortona. Le truppe francesi compirono numerose incursioni nelle valli, che causarono, per le razzie compiute, la rivolta della popolazione. Un corriere postale francese venne assalito ed ucciso. In seguito venne tesa un'imboscata ad ottanta francesi lungo lo Scrivia, a Rigoroso. Il marchese di Arquata, Agostino Spinola, accusato di essere fra i responsabili dell'agguato, venne bandito dai feudi. Furono ordinati numerosi arresti. In quei giorni il colonnello Lannes, per ordine di Napoleone, fece incendiare il borgo di Arquata, distruggendo molte abitazioni e l'ospedale.
Il 15 giugno 1797 Napoleone Buonaparte e gli inviati della Repubblica di Genova diedero vita al convegno di Mombello, nel quale venne decisa l'annessione dei Feudi Imperiali a Genova. L'8 luglio l'agente francese Vendryes, eseguendo un'ordinanza di Napoleone, proclamò in Arquata la fine dei Feudi Imperiali Liguri, ratificata in seguito con il trattato di Campoformio. L'imperatore d'Austria rinunciava definitivamente a tutti i diritti che vantava sui Feudi, accettando la loro unione alla Repubblica Ligure Democratica. Non tutta la popolazione fu favorevole a questa soluzione, ed alle fazioni filofrancesi si opponevano quelle conservatrici, legate ai vecchi feudatari e all'Impero.
Tra le vicende di quegli anni va ricordato che "nel 1799, le sponde della Trebbia furono teatro di una famosa battaglia fra i Francesi capitanati da Macdonald e i Russi e gli Austriaci alleati, guidati i primi da Suvarof, e i secondi da Melas. Combatterono il 18, 19 e 20 giugno e prevalse la fortuna degli imperiali. Più di seimila furono i morti e i feriti dalla parte dei Francesi, i quali, con una disastrosa ritirata attraverso l'Appennino, si ricongiunsero a Genova col corpo del generale Moreau. Posti avanzati di Austriaci e Francesi svernarono in quell'anno su tutti i gioghi dell'alta val Trebbia, alle Capanne di Cosola, di Carrega, di Pey, ai monti Oramara, Friciallo, Lavagnola ecc." [Guida per le escursioni nell'Appennino ligure-piacentino / A Brian — Genova 1910]. Poco sopra Artana, in val Boreca, esiste un pianoro denominato Campo dei Francesi.
Napoleone, nel 1805, divenuto imperatore, decretò l'annessione della Repubblica Ligure Democratica alla Francia. Così le valli tra il Trebbia e lo Scrivia entrarono a far parte dell'Impero francese. Seguì un periodo difficile per gli abitanti della regione, che furono costretti a cibarsi anche di erbe per sopravvivere. Numerosi giovani furono arruolati per le campagne napoleoniche. I gendarmi francesi, inviati sui monti per inseguire i disertori, ritornavano spesso senza preda.
Dopo le sconfitte di Napoleone, il congresso di Vienna decretò l'annessione della Repubblica Ligure Democratica, con il nome di Ducato di Genova, al Regno di Sardegna.

Fabrizio Capecchi
estratto e adattato da Un'isola tra i monti — Croma: Pavia 1990

venerdì 4 ottobre 2013

I MALASPINA...SIGNORI DELLE 4 PROVINCE

Malaspina è il cognome della nobile famiglia italiana di origine longobarda, discendente dal ceppo obertengo dei marchesi di Toscana, che resse la Lunigiana e, dal XIV secolo, il marchesato di Massa e Carrara.
I Malaspina appoggiarono ora i ghibellini ora i guelfi. Come appartenente alla fazione guelfa prese parte alle lotte dei Lombardi contro gli Hohenstaufen. Con Morello dei Malaspina di Giovagallo fu a capo dei guelfi toscani che difesero Firenze contro Enrico VII. La fazione ghibellina toscana a difesa di Enrico VII fu guidata da un altro esponente della famiglia, Spinetta Malaspina detto il Grande.
Ebbe anche un'ampia e compatta signoria nella zona a nord di Genova (area delle Quattro province), nelle valli dei fiumi Trebbia e Staffora. Entrambe le signorie, quella della Lunigiana e quella a nord di Genova (detta lombarda), andarono ben presto sfaldandosi per l'adozione del diritto longobardo che prevedeva la spartizione dei beni (e anche dei feudi) tra tutti i figli maschi.
Alcuni esponenti dei Malaspina ressero una parte del Giudicato di Torres nei secoli XIII e XIV secolo e soprattutto, dal XV al XVIII secolo, il ramo dei Cybo-Malaspina governò il principato indipendente di Massa e Carrara (poi Ducato di Massa e Carrara). Possedimenti sardi dei Malaspina:Castello di Serravalle (Bosa) con le curatorie di Planargia e Costa de Addes; Castello di Osilo (Osilo) con le curatorie di Montes, Figulinas e Coros.
Gli appartenenti alla famiglia avevano il titolo di Principi di San Colombano.
Malaspina sono una delle famiglie discese dal ceppo degli Obertenghi, il cui capostipite fu Oberto I (Otbert o Odebertus), che fu attorno alla metà del X secolo conte palatino (conte del Sacro Palazzo di Pavia e massima autorità giudiziaria nel Regno), e dal 951 marchese di Milano e conte di Luni e della marca da lui detta Obertenga, nella Liguria Orientale, comprendente i comitati di Milano, Genova, Tortona, Bobbio, Luni e zone limitrofe [1].
Questo ampio territorio andò riducendosi e spezzettandosi, sia per le divisioni ereditarie (non avendo l'istituto del maggiorascato), sia per avvecendamenti con altre famiglie (Fieschi, Spinola, Doria ed altri) e sia per la pressione dei nascenti comuni (Milano, Genova, Piacenza, Tortona, Pavia e Bobbio).
Da Oberto I, attraverso i successivi discendenti Oberto II, Oberto Opizzo I, Alberto I, Oberto Obizzo II, si giunge ad Alberto o Adalberto (morto nel 1140) detto Malaspina, capostipite della famiglia. Il figlio Obizzo I (il grande) (morto nel 1185) ebbe nel 1164 confermati i suoi feudi dall'imperatore Federico I e fu nominato vassallo imperiale: essi si componevano già dei due blocchi storici: parte della Liguria (Tigullio, Cinque Terre e Levanto sul mare, persi per acquisizioni di Genova e dei Fieschi), con la Lunigiana e la Garfagnana e la zona delle valli del Trebbia (fino a Torriglia), la Val d'Aveto (fino a Santo Stefano d'Aveto) e Staffora (Oltrepò); e in quella che allora si diceva Lombardia (Val Bormida e Oltregiogo).
Dei suoi vari discendenti nel 1220 erano viventi i soli Corrado e Opizzino, confermati dall'imperatore nei loro feudi invero alquanto ridotti per le cessioni fatte specie a Piacenza. Nel 1221 essi divisero le loro signorie: Corrado ebbe la Lunigiana a ovest del Magra e la val Trebbia in Lombardia, dando origine al ramo dello Spino Secco; Opizzino ebbe la Lunigiana a est del Magra e la valle Staffora in Lombardia, dando origine al ramo dello Spino Fiorito.

LINEA DELLO SPINO SECCO
Dai figli di del capostipite Corrado, ricordato da Dante Alighieri come l'antico, derivarono (divisione effettuata nel 1266) quattro ulteriori linee.

Malaspina di Mulazzo

Trassero origine da Moroello (morto nel 1284), che oltre al castello di Mulazzo in Lunigiana, principale castello della linea dello Spino Secco, possedeva feudi in Val Trebbia attorno a Ottone, e partecipazioni nei domini della famiglia in Sardegna. La linea primogenita tenne sempre il marchesato di Mulazzo fino all'abolizione del feudalesimo, e si estinse (1810) con il marchese Alessandro Malaspina, celebre politico e navigatore. Il marchesato, sovrano dal 1266 al 1797 e feudo imperiale fin dal 1164, si estese con varie acquisizioni anche su Pozzo, Montereggio, Montarese, Castagnetoli (dal 1746), Calice, Veppo e Madrignano (questi tre ultimi dal 1710 fino al 1772sono amministrati dalla linea minore, quando per difficoltà finanziarie furono venduti al granduca di Toscana). Nel XVI secolo si distaccarono temporaneamente le linee di Madrignano (1523-1634) e di Monteregio (1523-1646) e il feudo di Mulazzo dal 1473 fu governato ad anni alterni fino al 1776 da due linee familiari conosciute come "Malaspina del Castello" e "Malaspina del Palazzo". La linea diretta maschile si estinse con il famoso esploratore Alessandro Malaspina. Suoi sovrani furono:
Stemma dei Malaspina (incisione fine XIX secolo)
  • Moroello dal 1355 ha l'investitura imperiale del feudo
  • Antonio 1365-1406
  • Azzone -1473
  • Cristoforo -1511
  • Azzone II
  • Gian Paolo -1517 e Gian Gaspare -1531 (del Palazzo)
  • Moroello II -1573 e Gian Cristoforo -1574
  • Francesco Antonio -1574
  • Giampaolo II -1584 e Gian Gaspare II -1584
  • Leonardo -1605 e Anton Maria -1600
  • Gian Vincenzo - 1623
  • Ottavio -1646 e Gian Cristoforo II -1643
  • Moroello III -1657
  • Azzo Giacinto -1674 e Corrado -1676
  • Carlo Maria -1705 e Obizzo -1691
  • Azzo Giacinto II -1746 e Gian Cristoforo III -1763
  • Carlo Moroello -1774 e Cesare -1776
  • Azzo Giacinto III -1797 (e Luigi -1797, de jure)
Tra le linee collaterali derivate da questa di Mulazzo ricordiamo:
  • Malaspina di Cariseto e Godano, da Cariseto  fraz. di Cerignale in Val Trebbia, trassero origine da Antonio (morto nel 1477), figlio di Antonio di Mulazzo, e si estinsero nel giro di due generazioni: il marchesato di Cariseto passò ai Fieschi nel 1540 e successivamente ai Doria.
  • Malaspina di Santo Stefano, da Santo Stefano d'Aveto, in una valle tributaria della Val Trebbia, trassero origine da Ghisello I (morto nel 1475), figlio di Antonio di Mulazzo; già nel 1495 vendettero il marchesato di Santo Stefano ai Fieschi, mantenendo i feudi di Gòdano e Bolano (entrambi in val di Vara, intermedia tra la Lunigiana e la Val Trebbia), e si estinsero nel XVII secolo, lasciando i loro feudi alla linea principale di Mulazzo.
  • Malaspina di Edifizi, da Edifizi fraz. di Ferriere in val Nure, trassero origine da Pietro, figlio di Ghisello I di Santo Stefano, e si estinsero nel 1624.
  • Malaspina di Casanova (da una Casanova probabilmente presso Ottone), trassero origine da Antonio, figlio (forse) di Barnabò di Mulazzo, e si estinsero nel XVIII secolo dopo aver venduto il feudo ai Doria nel XVI secolo.
  • Malaspina di Croce (da Croce Fieschi nell'Appennino ligure) che venderono il feudo ai Fieschi nel 1504.
  • Malaspina di Fabbrica, da Fabbrica fraz. di Ottone (da non confondersi con Fabbrica Curone di cui erano marchesi un ramo dei Malaspina di Varzi), trassero origine da Moroello, figlio di Bernabò o di Galeazzo di Mulazzo, venderono nel 1540 il feudo ai Fieschi, sopravvissero alla fine del feudalesimo ed esistono tuttora.
  • Malaspina di Ottone, da Ottone in Val Trebbia, trassero origine da Giovanni, figlio di Bernabò o di Galeazzo di Mulazzo; venderono il feudo nel 1540 ai Fieschie si estinsero all'inizio del XIX secolo.
Malaspina di Orezzoli, da Orezzoli fraz. di Ottone, trassero origine da Galeazzo figlio di Giovanni di Ottone, si ramificarono moltissimo; estinti nel XVIII secolo nella linea principale, esistono ancora in varie linee collaterali. Da una di esse, residente a Bobbio, derivò per adozione la linea dei Malaspina-Della Chiesa, marchesi di Volpedo e Carbonara.
Malaspina di Frassi, da Frassi fraz. di Ottone, trassero origine da Giovanni, figlio di Galeazzo di Orezzoli, ed esistono tuttora in varie linee. Venderono il feudo nel 1656 ai Doria.
  • Malaspina di Madrignano, linea indipendente dal 1355 con Azzone fino al 1631. La linea indipendente fu ricostituita dal 1710 al 1772 con i consignori di Mulazzo (linea del Palazzo).
Sui marchesi furono:
  • Azzone II 1446
  • Bonifazio 1531-55
  • Stefano -1592
  • Bonifazio II
  • Stefano II -1600
  • Giulio Cesare -1631.
  • Rinaldo di Suvero
  • Moroello di Mulazzo.
  • Gian Cristoforo II 1710-63, consignore di Mulazzo
  • Cesare -1772, consignore di Mulazzo.
      • MALASPINA DI PREGOLA
      • Trassero origine da Alberto (morto nel 1298), figlio di Corrado l'antico. Ebbero il feudo di Pregòla (fraz. di Brallo di Pregola) con un vasto territorio sul lato sinistro della Val Trebbia (il fiume divideva i loro feudi da quelli del ramo di Mulazzo), a monte di Bobbio. Nel 1304 Corradino Malaspina signore della rocca di Carana (Corte Brugnatella) (non compresa nella donazione del Barbarossa, ma donata in feudo dall'abate di Bobbio Rainerio in cambio del diritto di riscuotere il pedaggio sulla strada della Val Trebbia) d'accordo con Visconte Pallavicino e l'Abate di Bobbio Guido prende Bobbio e la trasforma in una signoria costruendovi l'attuale castello; nel 1341 i Visconti di Milano si impossessano di Bobbio e di Corte Brugnatella, togliendogli la rocca di Carana e distruggendo il castello nero (da colore delle pietre) ma lasciando la torre di guardia sul Bricco (805 m), dopo il 1347, quando muore Corradino, il feudo viene ridato ai figli, ma nel 1361 lo devono cedere sempre ai Visconti e poi nel 1436 passa ai Dal Verme divenuti Conti di Bobbio e Voghera; inoltre gli viene tolta la zona dell'antica parrocchia di San Cristoforo nella Valle del Carlone, rimanendogli solo Dezza che era sempre nella parrocchia di San Cristoforo e dandola ai Malaspina di Pregòla. Con una prima divisione nel 1347 si staccarono i feudi di Prato (fraz. di Cantalupo Ligure, nella Val Borbera, adiacente alla Val Trebbia) e di Corte Brugnatella, che ebbero breve vita. Nella successiva divisione del 1453 si determinarono i quattro quartieri del marchesato di Pregola, ognuno infeudato a un distinto ramo della famiglia. Questi rami furono dunque:
        • Malaspina di Vezimo, da Vezimo fraz. di Zerba in Val Trebbia, si estinsero alla fine del XVI secolo.
        • Malaspina di Pei e Isola, da Pei, frazione di Zerba, e Isola, località ormai disabitata in comune di Brallo di Pregola, si estinsero nel XVII secolo (ma forse esistono ancora loro discendenti tra i Malaspina della zona, di cui si ignora la genealogia).
        • Malaspina di Alpe e Artana, da Alpe fraz. di Gorreto e Artana fraz. di Ottone, si estinsero nel XVII secolo.
        • Malaspina di Pregòla, Campi e Zerba, da Zerba e Campi fraz. di Ottone, diedero origine alla linea che, acquistando la maggior parte delle quote del feudo principale, riebbe in esclusiva il titolo di Marchesi di Pregòla (ricordati ed omaggiati sempre durante la festa e la sfilata medioevale in costume di Bobbio che si tiene nella festa di San Colombano a novembre). Con il marchese Oliviero, ottennero nel 1541 l'investitura come feudo imperiale e tale rimase nonostante le aspre contese con i Savoia fino alla fine del feudalesimo in Italia (1797). L'ultimo marchese titolare del feudo fu Baldassarre che ebbe forti pressioni dalla corte di Torino per rinunciare ai sui diritti feudali. Per motivi ereditari il feudo era divenuto un condominio con altri rami della famiglia e con marchesi Pallavicino di Cabella che, con Gerolamo, avevano usurpato nel 1660 porzioni pro quota del feudo malaspiniano. Nel 1782 Gian Galeazzo Malaspina di Santa Margherita, Antonio Giuseppe Malaspina di Orezzoli, eredi di Corrado Malaspina di Pregòla (la cui vedova Maria Teresa Farnese dal Pozzo dal 1777 era divenuta pensionaria dei Savoia) e Giovan Carlo Spinola Pallavicino, rivendicano presso la corte di Vienna le loro prerogative feudali nei confronti della politica annessionista dei Savoia, facendo intervenire l'imperatore.
        La linea diretta sopravvisse alla fine del feudalesimo, e resta tuttora un ramo della famiglia emigrato in Grecia e attualmente negli USA.

        Linea dello Spino Fiorito

        Stemma dei Malaspina dallo Spino Fiorito
        Da tre nipoti e un figlio superstite del capostipite Opizzo Malaspina detto Obizzino, per divisione attuata nel 1275, ebbero origine quattro ulteriori linee.

        Malaspina di Varzi

        Discesero da Azzolino, nipote di Obizzino e figlio di Isnardo, che morì prima della divisione del 1275; Azzolino ebbe in comune con il fratello Gabriele un terzo delle signorie del nonno Obizzino, parte in Lunigiana e parte in Lombardia, e successivamente, in accordo col fratello, tenne per sé i soli feudi lombardi, localizzati in valle Staffora attorno a Varzi. Il marchesato di Varzi fu diviso tra i tre figli di Azzolino: la linea di Isnardo, che possedeva Menconico, si estinse nel XV secolo, le altre due invece sopravvissero:
        • Malaspina di Fabbrica, da Fabbrica Curone in una valle adiacente alla valle Staffora, discendevano da Obizzo figlio di Azzolino. Si estinsero alla fine del XIX secolo dopo che erano divenuti Sforza-Malaspina.
        • Malaspina di Varzi (linea primogenita), si estinse nel XIX secolo dopo essersi molto ramificata e aver perso gradualmente il controllo del marchesato. Forse ne esistono ancora discendenti tra i molti Malaspina della valle Staffora, di cui si ignora la genealogia, provenienti da rami decaduti. Da essi derivarono dei rami che acquisirono una propria identità:
        • Malaspina di Santa Margherita, da Santa Margherita, fraz. di Santa Margherita di Staffora, trassero origine da Cristoforo (morto dopo il 1420), si estinsero nel 1821.
        • Malaspina di Casanova, da Casanova Staffora, fraz. di Santa Margherita di Staffora, ebbero origine da Baldassarre figlio di Bernabò di Varzi, e si estinsero nel XVII secolo.
        • Malaspina di Bagnaria, da Bagnaria di cui avevano solo il titolo nominale, ebbero origine da Bernabò figlio di Bernabò di Varzi, e si estinsero nel XVII secolo.

        Malaspina di Fivizzano

        Discesero da Gabriele, nipote di Obizzino e figlio di Isnardo, che morì prima della divisione del 1275; Gabriele ebbe in comune con il fratello Azzolino un terzo delle signorie del nonno Obizzino, parte in Lunigiana e parte in Lombardia, e successivamente, in accordo col fratello, tenne per sé i soli feudi in Lunigiana, consistenti nel castello della Verrucola presso Fivizzano, e dei territori circostanti nella Lunigiana orientale. Dei tre figli di Gabriele, Isnardo lasciò una discendenza che si estinse nel XV secolo, lasciando Fivizzano alla Repubblica di Firenze di cui erano alleati, e determinando quindi la presenza fiorentina prima e toscana poi in Lunigiana (la futura Lunigiana Granducale contrapposta a quella malaspiniana e poi modenese); Spinetta si mise al servizio di Verona e la sua discendenza si chiuse coi suoi figli; Azzolino ebbe Fosdinovo e diede origine alla linea dei Malaspina di Fosdinovo, la più importante della casata, vicari imperiali in Italia. Nipote di Azzolino fu Spinetta detto il Grande (morto nel 1350), che ebbe importanti incarichi politici presso vari Stati italiani e fu padre di Antonio Alberico, che divenne marchese di Massa nel 1441[3]. A lui successe il figlio Giacomo (?-1481) che alla signoria su Massa aggiunse quella su Carrara e territori limitrofi .Il figlio Alberico privò cacciò dallo stato il fratello Francesco e la sua prole, privandogli di ogni diritto, lasciando come unica erede la figlia Ricciarda sposata a Lorenzo Cibo, da cui discesero i Cybo-Malaspina, successivi marchesi e poi Principi di Massa e Carrara.
        Questo ramo della famiglia ebbe poi vari rami collaterali, tra cui:
        • Malaspina di Sannazzaro, da Sannazzaro de' Burgondi presso Pavia, discesero da Francesco, figlio di Giacomo I di Massa che era stato investito di Sannazzaro nel 1466. Si estinsero nel 1835 con Luigi, cittadino di Pavia in cui ebbe un preminente ruolo politico e culturale.
        • Malaspina di Fosdinovo, discesero da Galeotto (+1367), figlio di Azzolino. Gabriele figlio di Antonio Alberico I di Fosdinovo, tenne il feudo avito di Fosdinovo, lasciando ai fratelli gli altri possedimenti. Spinetta nel 1340 consolida il proprio stato garantendone la signoria nei secoli successivi. Il marchesato come sovranità autonoma si costituì nel 1367 e si estese su Viano, Castel dell'Aquila, Gragnola (1646), Cortila, Pulica, Giucano, Ponzanello, Tendola, Marciano e Pusterla, Caniparola.
        Nel 1529 gli viene riconosciuta la carica ereditaria di Vicari imperiali per i feudi italiani e nel 1666 l'imperatore gli concede il diritto di zecca. L'ultmo marchese sovrano, Carlo Emanuele, si dimostra favorevole all'abolizione dei feudi imperiali in Italia, aderendo al decreto napoleonico del 2 luglio 1797; la famiglia Torrigiani-Malaspina è ancora proprietaria del castello fosdinovese.
        I marchesi sovrani furono:
        • Spinetta 1367-98
        • Antonio Alberico I -1445
        • Gabriele -1508
      •  MALASPINA DI OLIVOLA
      • Trassero origine da Francesco, figlio di Bernabò e nipote di Obizzino. Nella divisione del 1275 ebbe terre sia in Lunigiana (incentrate sul castello di Olivola, fraz. di Aulla) sia in Lombardia (comprendenti il castello di Pizzocorno, fraz. di Ponte Nizza). Tutti i discendenti furono assassinati nel 1413 nel castello di Olivola. I loro feudi furono spartiti tra gli altri rami della famiglia (Fosdinovo e Godiasco). Olivola è dato alla linea di Gragnola e alla sua estinzione passa ad Alberico I di Fosdinovo ed al figlio Gabriele IV (-1485) che lo lascia al figlio Giovan Battista. Viene ereditato dal figlio Lazzaro che dal 1525 crea una nuova linea autonoma fino all'abolizione dei feudi imperiali del 1797 (vedi sopra).
        Marchesi sovrani:
        • Bernabò 1249-65
        • Franceschino -1339
        • Domenico -1355
        • Marco -1398
        • Manfredi, Bernabò II, Giovanni -1413.

        Malaspina di Godiasco

        Discesero da Alberto, figlio di Obizzino, che nella divisione del 1275 coi nipoti ebbe feudi sia in Lunigiana sia in Lombardia, incentrati sui castelli di Filattiera (per cui furono inizialmente detti anche Malaspina di Filattiera, titolo poi rimasto solo a una linea) e di Oramala (fraz. di Val di Nizza), cui successivamente subentrò il borgo di Godiasco come centro principale della famiglia. Nel 1743 si formò la Provincia di Bobbio sotto il Marchesato di Bobbio (dal 1516) sotto i Savoia e sotto il mandamento di Varzi, che racchiuse i territori. Attraverso Nicolò detto Marchesotto, figlio di Alberto, e ai suoi cinque figli, derivarono le cinque linee della famiglia, che ebbero tutte quante feudi sia in Lunigiana sia nel marchesato di Godiasco in Lombardia (Oltrepò Pavese):
        • Malaspina di Castiglione e Casalasco, da Castiglione del Terziere fraz. di Bagnone in Lunigiana, e da Casalasco fraz. di Val di Nizza nell'Oltrepò Pavese, ebbero origine da Franceschino detto il Soldato, figlio del Marchesotto; si estinsero in tre generazioni, Castiglione passò a Firenze e Casalasco ai Malaspina di Oramala.
        • Malaspina di Bagnone e Valverde, da Bagnone in Lunigiana e Valverde nell'Oltrepò Pavese, ebbero origine da Antonio, figlio del Marchesotto. I figli di Antonio divisero i beni: Bagnone rimase a Riccardo, i cui nipoti lo vendettero a Firenze, e la cui discendenza è estinta nella linea maschile nel 1987; Valverde rimase al fratello Antonio, la cui discendenza probabilmente esiste ancora nell'Oltrepò.
        • Malaspina di Treschietto e Piumesana, da Treschietto fraz. di Bagnone in Lunigiana e da Piumesana fraz. di Godiasco nell'Oltrepò Pavese, ebbero origine da Giovanni, figlio del Marchesotto; nel 1698 vendettero Treschietto al Granduca di Toscana, e anche la loro signoria su Piumesana e la consignoria su Godiasco si ridusse a quote modeste. Si estinsero nel XIX secolo.
        • Malaspina di Filattiera e Cella, da Filattiera in Lunigiana e Cella fraz. di Varzi nell'Oltrepò Pavese, ebbero origine da Obizzino, figlio del Marchesotto; nel 1514 Bernabò, ribelle agli Sforza, fu squartato a Voghera, e il feudo di Cella fu confiscato; suo figlio Manfredi vendette Filattiera al Granduca di Toscana; la discendenza si estinse nel XVIII secolo.
        • Malaspina di Malgrate e Oramala, da Malgrate fraz. di Villafranca in Lunigiana e da Oramala fraz. di Val di Nizza nell'Oltrepò Pavese, ebbero origine da Bernabò, figlio del Marchesotto. Fu uno dei pochi rami della famiglia, insieme a quello di Fosdinovo, a non diminuire il proprio potere, ma anzi incrementarlo nel tempo, acquisendo la quasi totalità delle quote del marchesato di Godiasco, il marchesato di Pozzol Groppo e il marchesato di Fortunago, oltre che partecipazioni nella maggior parte degli altri feudi malaspiniani nell'Oltrepò. Furono quindi chiamati poi Malaspina di Godiasco, Pozzol Groppo e Fortunago.
        • Bernabò 1351-68
        • Niccolò -1408
        • Bartolomeo -1456
        • Ercole -1477
        • Malgrate -1499
        • Giambattista -1514
        • Cesare -1549
        • Ercole II -1581
        • Pier Francesco -1622
        • Giuseppe
        • Pier Francesco II -1692
        • Ercole III Benedetto -1723
        • Agostino -1750
        • Ercole IV -1797
        Si divise nei due rami di Godiasco-Pozzol Groppo e di Fortunago, che si estinsero rispettivamente nel XIX e nel XX secolo.
        • Malaspina di Sagliano, da Sagliano Crenna fraz. di Varzi, ebbero origine da Azzo, figlio di Nicolò di Oramala e Malgrate, e si estinsero nel XVIII secolo.

         

         

        Linee esistenti alla metà del XVIII secolo

           SPINO SECCO

        • Mulazzo, Montereggio e Castagnetoli (1746): Carlo Moroello 1746-74, protettorato toscano
        • Calice, Veppo, Madrignano, Mulazzo (1710): Gian Cristoforo 1710-63; feudo ceduto alla Toscana nel 1772
        • Suvero, Monti: Rinaldo III 1736-70
        • Orezzoli, Volpedo: Marco Antonio 1691-52 (linea non sovrana), ai Savoia
        • Fabbrica di Ottone (linea non sovrana), ai Savoia
        • Ottone (linea non sovrana), ai Savoia
        • Pregola, Campi, sotto il Groppo: Corrado 1720-77 (linea non sovrana); Ercole III di Malgrate 1750-97, ai Savoia
         
        • SPINO FIORITO:
        • Fosdinovo, Gragnola, Castel dell'Aquila: Gabriele III 1722-58, vicario imperiale in Italia
        • Fabbrica Curone: Antonio Sforza Malaspina 1739-59 (linea non sovrana), ai Savoia
        • Santa Margherita, Menconico: Francesco Agostino 1749-57: Corrado di Pregola 1720-77 (linee non sovrane)
        • Malgrate, Filetto, Godiasco, Oramala, Fortunago, Piumesana: Ercole IV 1750-97, in parte feudi non sovrani.
        • Grondona (linea non sovrana)
        • Valverde, S.Albano, Monfalcone, Godiasco, Piumesana: Carlo Antonio 1704-59 (linea non sovrana)
        • Varzi (linea non sovrana), ai Savoia

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