lunedì 12 dicembre 2011

LA VIA FRANCIGENA

La Via Francigena, anticamente chiamata Via Francesca o Romea e detta talvolta anche Franchigena, è parte di un fascio di vie che conduceva alle tre principali mete religiose cristiane dell'epoca medievale: Santiago ...de Compostela, Roma e Gerusalemme. I primi documenti d'archivio che citano l'esistenza della Via Francigena risalgono al XIII sec. e si riferiscono a un tratto di strada nel territorio di Troia in provincia di Foggia. Il percorso di un pellegrinaggio che il vescovo Sigerico nel X sec. fece da Canterbury per giungere a Roma rappresenta una delle testimonianze più significative di questa rete di vie di comunicazione europea in epoca medioevale, ma non esaurisce le molteplici alternative che giunsero a definire una fitta ragnatela di collegamenti che il pellegrino percorreva a seconda della stagione, della situazione politica dei territori attraversati, delle credenze religiose legate alle reliquie dei santi.Il pellegrinaggio a Roma, in visita alla tomba dell'apostolo Pietro era nel medioevo una delle tre peregrinationes maiores insieme alla Terra Santa e a Santiago di Compostela. Per questo l'Italia era percorsa continuamente da pellegrini di ogni parte d'Europa.La Francigena non era propriamente una via ma piuttosto un fascio di vie, un sistema viario con molte alternative.Gli ostacoli naturali che i pellegrini ed i viandanti dovevano superare erano il canale della Manica, le Alpi e gli Appennini oltre che il FIUME PO .Nel tratto di Via Francigena che portava dalla Pianura padana alla Toscana, si registravano diverse varianti di percorso che sfruttavano i vari valichi risalendo la val TREBBIA e passando per BOBBIO (via degli ABATI). La VIA DEL MARE (VM) è un sentiero che collega la Pianura Padana al Mar Ligure, da Tortona a Portofino attraversando l'Appennino ligure e perpendicolare al tracciato dell'Alta via dei Monti Liguri.
Il percorso corrisponde all'antica via del sale detta "VIA DEI MALASPINA" un antico percorso per il commercio del sale che correva in gran parte nei feudi controllati dalla famiglia Malaspina, da Varzi, verso Genova o verso Sori, Recco o Portofino.
Il sentiero è interessato da un progetto promosso a partire dal 2009 dalle province di Pavia e di Genova, il Parco naturale lombardo della Valle del Ticino, il Parco naturale regionale dell'Antola e il Parco naturale regionale di Portofino per la creazione di un percorso escursionistico tra Milano e Portofino con un asse centrale di 170 km di lunghezza (Milano, Pavia, Voghera, Varzi, monte Chiappo, Capanne di Cosola, Capanne di Carrega, monte Antola, Torriglia, monte Lavagnola, Uscio, Ruta, Pietre Strette e Portofino). Su questo asse centrale si innestano diversi raccordi e la "rete di percorsi verdi" si estende su un territorio di 11.000 km quadrati e interessa le province di Pavia, Milano, Piacenza, Alessandria e Genova. I territori interessati si estendono dalla pianura di Milano, Pavia, Piacenza e Alessandria fino alla Riviera ligure di Levante, passando per i colli dell’Oltrepò Pavese, del piacentino e dell’alessandrino e i monti e i crinali delle valli Staffora, Versa, Tidone, Curone, Borbera, Trebbia, Scrivia e Fontanabuona. La Via dei Malaspina è un percorso alternativo della Via Francigena che parte da Pavia e raggiunge Bobbio, passando per Voghera, Varzi e il Passo della Scaparia. Attraversa così l'intera Valle Staffora, in Oltrepo Pavese.

venerdì 9 dicembre 2011

ABBAZIA DI SAN COLOMBANO (BOBBIO)

La città di Bobbio e l'Abbazia di S. Colombano
La città di Bobbio sorge in un punto strategico della via che porta a Genova e in Liguria attraverso la Val Trebbia e a ciò deve, principalmente, la funzione storica di luogo d'incontro e di scambio tra popolazioni e culture diverse. La zona dispone, inoltre, di varie risorse naturali, in particolare il clima favorevole alle colture, le argille e le acque saline sulla sponda destra del fiume. Importanti ritrovamenti archeologici sul vicino Monte Groppo testimoniano la continuità degli insediamenti umani dal neolitico fino all'età del ferro, quando vi si stabilirono i Liguri (significativi reperti sono conservati al Museo Archeologico di Genova Pegli e presso l'Istituto di Geologia dell'Università di Genova). Il nome stesso di Bobbio sembra derivare dal toponimo ligure boiel, citato - nella forma latinizzata di Saltus Boielis - come nome di un torrente che scende dalle pendici di Monte Penice nella Tabula Alimentaria di Veleia. Lo stesso nome sarebbe pertinente alla stirpe gallica dei Boi che subentrarono ai Liguri nella zona tra il V e il IV secolo a.C. In seguito la vallata fu occupata dai Romani. È dunque nell'ambito della fase di colonizzazione romana, all'inizio dell'epoca imperiale, che la vera e propria città di Bobbio sembra avere avuto origine. Alla fine del IV secolo Savino, discepolo di Ambrogio, vescovo di Piacenza promosse la cristianizzazione della Val Trebbia.
Nel 614 il monaco irlandese Colombano, al termine del lungo viaggio da lui compiuto per evangelizzare l'Europa, ottenne dal re longobardo Agilulfo, grazie anche alla sollecitazione della moglie, la devota Teodolinda, l'uso del terreno della vallata e la metà dei profitti delle saline, derivanti dallo sfruttamento delle acque termali. Giunto a Bobbio fondò il primo nucleo del monastero sui ruderi dell'antica chiesa di S. Pietro, risalente all'epoca della prima cristianizzazione. Documenti attestano che intorno alla metà del IX secolo l'abate Agilulfo trasferì al piano il monastero, nell'area dove ancor oggi si trova. Il centro monastico di Bobbio in epoca carolingia ricevette notevole impulso, in particolare si deve segnalare l'importanza del suo scriptorium, che contava all'epoca ben settecento codici. Dalla fine dell'XI secolo - periodo in cui la chiesa romana era programmaticamente rivolta a favorire la pratica del viaggio a scopo religioso e sosteneva l'importanza per il cristiano della visita ai "luoghi santi", tra cui Gerusalemme era quello più carico di significati - rivestì un ruolo di particolare rilievo nel sistema delle vie di pellegrinaggio, grazie alla sua posizione dominante sul caminus Ianuae. Al XII secolo, infatti, risale la ristrutturazione della basilica agilulfiana. A tal proposito si può ricordare che nel 1910 è stata ritrovata, casualmente durante uno scavo nella zona antistante la cripta, una singolare testimonianza dell'edificio romanico: due metri sotto il livello attuale, è visibile parte di un mosaico pavimentale della prima metà del XII secolo, con le raffigurazioni dei Mesi insieme a scene bibliche tratte dal libro dei Maccabei. La basilica attuale è databile alla metà del XV secolo e ingloba il preesistente edificio. Nella cripta si trova il Sarcofago di S. Colombano, firmato e datato 1480. Alle pareti i sepolcri di S. Attala e S. Bertulfo, primi successori di S. Colombano, raffinati esempi di scultura simbolica longobarda. Da notare infine una cancellata in ferro battuto databile al XII - XIII secolo.
Nel corso del XV secolo, i monaci cedettero buona parte dei loro codici miniati alla Biblioteca Ambrosiana e a quella Vaticana. Risale intorno alla fine del '500 l'elegante loggiato rinascimentale attraverso cui si accede al museo dell'abbazia.

lunedì 5 dicembre 2011

DANTE ALIGHIERI..OSPITE DEI MALASPINA


LA ROCCAFORTE DI ORAMALA, è stata la prima dimora della famiglia MALASPINA che vi
insediò uno dei più potenti marchesati dell'Italia settentrionale.
Nel 1167 OBIZZO I° MALASPINA scortò FEDERICO BARBAROSSA da Pontremoli in
Germania: durante quel viaggio il Barbarossa fu ospitato da Obizzo nel Castello di Oramala.
Questo periodo fu per i Malaspina il momento del loro maggior splendore, non solo per
i fatti d'arme ma per il culto della poesia.
Fu così che in questa potente e solitaria dimora di Oramala si diedero appuntamento i
più famosi trovatori provenzali:il BORNEIHL,il VAQUEIRAS,il DELATOR e il SISTERON.
Anche DANTE ALIGHIERI passò per Oramala celebrando poi l'illustre casato dei
Malaspina nell'VIII canto del Purgatorio.
Incantato dalla bellezza di questa torre, proveniente da Bobbio, il 28 settembre 1786,
sostò ad Oramala VOLFANGO GOETHE.
La rocca di Oramala rimase ai Malaspina fino al XVIII secolo, poi cominciò il suo
inesorabile declino.
DANTE ALIGHIERI "DIVINA COMMEDIA"-PURGATORIO...canto VIII°;
Era già l'ora che volge il disio
ai navicanti e 'ntenerisce il core
lo dì c'han detto ai dolci amici addio;..................
......... .
cominciò ella, «se novella vera
di Val di Magra o di parte vicina
....."sai, dillo a me, che già grande là era.

Fui chiamato Currado Malaspina;
... non son l'antico, ma di lui discesi;
a' miei portai l'amor che qui raffina».

«Oh!», diss'io lui, «per li vostri paesi
già mai non fui; ma dove si dimora
per tutta Europa ch'ei non sien palesi?

La fama che la vostra casa onora,
grida i segnori e grida la contrada,
sì che ne sa chi non vi fu ancora;

e io vi giuro, s'io di sopra vada,
che vostra gente onrata non si sfregia
del pregio de la borsa e de la spada.

Uso e natura sì la privilegia,
che, perché il capo reo il mondo torca,
sola va dritta e 'l mal cammin dispregia».

Ed elli: «Or va; che 'l sol non si ricorca
sette volte nel letto che 'l Montone
con tutti e quattro i piè cuopre e inforca,

che cotesta cortese oppinione
ti fia chiavata in mezzo de la testa
con maggior chiovi che d'altrui sermone,

se corso di giudicio non s'arresta».È Corrado Malaspina, signore della Lunigiana, che chiede notizie della sua famiglia, offrendo a Dante l'occasione di esaltarne la liberalità e la prodezza
 Il canto si chiude con la solenne profezia dell'esilio del Poeta fatta dal Malaspina.
È Corrado Malaspina, signore della Lunigiana, che chiede notizie della sua famiglia, offrendo a Dante l'occasione di esaltarne la liberalità e la prodezza. Il canto si chiude con la solenne profezia dell'esilio del Poeta fatta dal Malaspina.
Questo periodo fu per i Malaspina il momento del loro maggior splendore, non solo per
i fatti d'arme ma per il culto della poesia.
Fu così che in questa potente e solitaria dimora di Oramala si diedero appuntamento i
più famosi trovatori provenzali:il BORNEIHL,il VAQUEIRAS,il DELATOR e il SISTERON.
Anche DANTE ALIGHIERI passò per Oramala celebrando poi l'illustre casato dei
Malaspina nell'VIII canto del Purgatorio.
Incantato dalla bellezza di questa torre, proveniente da Bobbio, il 28 settembre 1786,
sostò ad Oramala VOLFANGO GOETHE.
La rocca di Oramala rimase ai Malaspina fino al XVIII secolo, poi cominciò il suo
inesorabile declino.

mercoledì 2 novembre 2011

:::DENOMINATORE COMUNE D'OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGUREIL FEUDO MONASTICO DI BOBBIO

Il Feudo monastico di Bobbio o feudo monastico di San Colombano di Bobbio fu un territorio molto vasto il cui centro religioso, culturale e politico era incentrato nell'Abbazia di San Colombano di Bobbio, oggi in provincia di Piacenza,nella regione culturalmente omogenea definita delle QUATTRO PROVINCE....
L'abbazia venne fondata nel 614 dal santo irlandese San Colombano, monaco, abate missionario e uomo d'azione che partendo dalla natia Irlanda evangelizzò tutta l'Europa ri-cristianizzandola dopo le invasioni barbariche pagane od ariane, fondando centinaia di abbazie, monasteri o semplici chiese tutte seguenti la sua regola dettata attorno al 591 nell'abbazia di Luxeuil in Francia denomitata poi regola dell'Ordine di San Colombano.
Il territorio si estendeva in buona parte delle attuali provincie di Alessandria, Pavia, Piacenza, Parma, Genova, La Spezia, Massa-Carrara. In più vi erano feudi sparsi sia come abbazie, priorati o semplici monasteri e celle monastiche isolate in tutta la zona del centro-nord d'Italia.
La donazione longobarda del re Agilulfo e della regina Teodolinda allo stesso San Colombano era di 4 miglia attorno al monastero, ma ben presto il territorio crebbe.
Tra il VII secolo ed il X secolo Bobbio divenne un vero e proprio feudo monastico grandissimo ed esteso, non raggruppato su di un unico latifondo, salvo la zona centrale attorno alla città ed alla Val Trebbia. Il territorio si estese subito anche all'Oltrepò, alla Val Tidone, alla Val Curone e alla Val d'Aveto in una zona unica e contigua. Ma era anche formato da terreni e piccoli feudi sparsi per tutta l'Italia settentrionale, dalle coste del Mar Ligure al Piemonte e al lago di Como, al lago di Garda, le zone del Ticino e del Po, fino all'Adriatico, con una flotta di imbarcazioni che collegavano Pavia con la Svizzera e per il Po i possedimenti sul Mincio, di Comacchio, Ferrara, Ravenna, Venezia ed Ascoli Piceno, ma anche sul mare con i porti liguri di Moneglia e Porto Venere.
Il feudo ebbe la protezione imperiale e papale e l'abate era nullius dioeceseos (Abbazia territoriale) e dal 643 l'abate ebbe anche la carica di Abate mitrato. Dopo le incursioni saracene venne difeso anche dagli Obertenghi, in esso i monaci vi avevano costruito numerosissimi monasteri sia secondo la regola colombaniana che benedettina e vi coltivavano le terre in modo intensivo, specie impiantando anche vigneti, oliveti e castagneti e costruendo mulini; inoltre vi erano numerosi allevamenti specie di pecore per l'utilizzo della pergamena per lo scriptorium, sia di Bobbio che nei vari monasteri. Inoltre si trovavano monasteri sparsi all'estero dalla Spagna fino alla Germania, in Irlanda ed in Inghilterra, collegati da numerose strade percorse da pellegrini e da monaci.
Vi furono edificati numerosi castelli e fortificazioni sul territorio a protezione anche religiosa, specie nel periodo delle invasioni musulmane.
L'abate Agilulfo iniziò la costruzione nel 883 del nuovo monastero dove si trova attualmente.
Nella metà del X secolo iniziò la prima decadenza anche per l'affievolirsi della protezione imperiale e papale e molti feudi passarono direttamente agli Obertenghi e poi ai vari rami famigliari come i Malaspina nel 1164, ma anche le vicine diocesi vescovili divenute potenti via via si impossessarono del territorio. Anche perché il potere degli abati si era affievolito ed in molte zone i religiosi e quindi anche i monaci dovevano obbeddienza primaria ai locali vescovi. Dopo il 1200 persino l'abate di Bobbio sarà sottoposto all'autorità del vescovo locale.
Visualizza altro

venerdì 21 ottobre 2011

OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE NEL MEDIOEVO:::LA SIGNORIA DEI MALASPINA

:::...Malaspina è il nome della nobile famiglia italiana di origine longobarda, discendente dal ceppo obertengo dei marchesi di Toscana, che resse la Lunigiana e, dal XIV secolo, il marchesato di Massa e Carrara. Era di parte guelfa e prese parte alle lotte dei Lombardi contro gli Hohenstaufen. Ebbe anche un'ampia e compatta signoria nella zona a nord di Genova (AREA DELLE QUATTRO PROVINCE "OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE"), nelle valli dei fiumi Trebbia e Staffora. Entrambe le signorie, quella della Lunigiana e quella a nord di Genova (detta lombarda), andarono ben presto sfaldandosi per l'adozione del diritto longobardo che prevedeva la spartizione dei beni (e anche dei feudi) tra tutti i figli maschi.
Alcuni esponenti dei Malaspina ressero una parte del Giudicato di Torres nel XIV secolo (Bosa-Planargia e Monteacuto) e soprattutto, dal XV al XVIII secolo, il ramo dei Cybo-Malaspina governò il principato indipendente di Massa e Carrara (poi Ducato di Massa e Carrara).
Gli appartenenti alla famiglia avevano il titolo di PRINCIPI DI SAN COLOMBANO. Malaspina sono una delle famiglie discese dal ceppo degli Obertenghi, il cui capostipite fu Oberto I (Otbert o Odebertus), che fu attorno alla metà del X secolo conte palatino (conte del Sacro Palazzo di Pavia e massima autorità giudiziaria nel Regno), e dal 951 marchese di Milano e conte di Luni e della marca da lui detta Obertenga, nella Liguria Orientale, comprendente i comitati di Milano, Genova, Tortona, Bobbio, Luni e zone limitrofe.
Questo ampio territorio andò riducendosi e spezzettandosi, sia per le divisioni ereditarie (non avendo l'istituto del maggiorascato), sia per avvecendamenti con altre famiglie (Fieschi, Spinola, Doria ed altri) e sia per la pressione dei nascenti comuni (Milano, Genova, Piacenza, Tortona, Pavia e Bobbio).
Da Oberto I, attraverso i successivi discendenti Oberto II, Oberto Opizzo I, Alberto I, Oberto Obizzo II, si giunge ad Alberto o Adalberto (morto nel 1140) detto Malaspina, capostipite della famiglia. Il figlio Obizzo I (il grande) (morto nel 1185) ebbe nel 1164 confermati i suoi feudi dall'imperatore Federico I e fu nominato vassallo imperiale: essi si componevano già dei due blocchi storici: parte della Liguria (Tigullio, Cinque Terre e Levanto sul mare, persi per acquisizioni di Genova e dei Fieschi), con la Lunigiana e la Garfagnana e la zona delle valli del Trebbia (fino a Torriglia), la Val d'Aveto (fino a Santo Stefano d'Aveto) e Staffora (Oltrepò); e in quella che allora si diceva Lombardia (Val Bormida e Oltregiogo).
Dei suoi vari discendenti nel 1220 erano viventi i soli Corrado e Opizzino, confermati dall'imperatore nei loro feudi invero alquanto ridotti per le cessioni fatte specie a Piacenza. Nel 1221 essi divisero le loro signorie: Corrado ebbe la Lunigiana a ovest del Magra e la val Trebbia in Lombardia, dando origine al ramo dello Spino Secco; Opizzino ebbe la Lunigiana a est del Magra e la valle Staffora in Lombardia, dando origine al ramo dello Spino Fiorito.

domenica 16 ottobre 2011

LA BATTAGLIA DEL (O DELLA) TREBBIA

:::...La battaglia del Trebbia avvenuta il 18 dicembre del 218 a.C. durante la seconda guerra punica, è stato il secondo scontro ingaggiato al di qua delle Alpi fra le legioni romane del console Tiberio Sempronio Longo e quelle cartaginesi guidate da ANNIBALE.La battaglia del Ticino era terminata poche settimane prima con esito disastroso per le legioni di PUBLIO CORNELIO SCIPIONE. I romani erano stati respinti e si erano ritirati verso la colonia di Piacenza per riorganizzarsi. Ma non era possibile resistere ancora a lungo e SCIPIONE, ferito, aveva portato le sue truppe in luoghi collinosi dove la cavalleria numidica e gli elefanti di Annibale avrebbero avuto maggiori difficoltà.Per sua fortuna gli uomini di Annibale si attardarono a perlustrare il campo abbandonato e le legioni di Scipione poterono attraversare il fiume e distruggere il ponte di barche rallentando ulteriormente l'inseguimento dei cartaginesi. Scipione riuscì a costruire un campo fortificato dove, mentre attendeva l'arrivo delle legioni del collega Tiberio Sempronio Longo lasciava riposare le sue truppe.
La dilatazione dei tempi consentì alle legioni consolari guidate da Tiberio Sempronio di ricongiungersi alle forze di Scipione. A Sempronio era stato ordinato di portare la guerra in Africa ed era in Sicilia con le sue due legioni per preparare lo sbarco quando giunse da Roma l'ordine di portarsi velocemente in Gallia Cisalpina per contrastare Annibale. Le legioni di Sempronio in 40 giorni (non si sa se marciando o, come narra Livio, risalendo l'Adriatico per mare) erano giunte prima a Rimini e poi al campo di Scipione.Per Annibale si pose il problema dei rifornimenti di viveri in quanto gli alleati Galli non erano poi così generosi verso l'esercito punico. La soluzione arrivò con l'"acquisto" di CLASTIDIUM (ODIERNA CASTEGGIO), la fortezza-dispensa dove i romani tenevano grandi riserve di viveri. Tito Livio, lo storico del I secolo attribuisce al prefetto del presidio, il brindisino Dasio, la cessione della borgata per la somma, nemmeno eccezionale, di quattrocento nummi aurei.
A suo vantaggio aveva la defezione dei Celti che, come ci informa Polibio, dopo la sconfitta di Publio al Ticino,
« ...constatando che le prospettive dei Cartaginesi erano più brillanti, dopo aver tramato tra loro stavano in attesa dell'occasione favorevole per un assalto, ciascuno restando nella propria tenda. Quando gli uomini del campo ebbero mangiato e si furono addormentati, essi, lasciata passare la maggior parte della notte, verso la veglia del mattino assalirono armati i Romani che erano accampati nelle vicinanze. E molti ne uccisero, non pochi ne ferirono; infine, tagliate le teste ai morti, andarono a rifugiarsi presso i Cartaginesi: erano circa duemila fanti e poco meno di duecento cavalieri. »

venerdì 30 settembre 2011

SAN COLOMBANO DI BOBBIO

COLOMBANO DI BOBBIO.......San Colombano (Navan( cittadina dell'Irlanda, capoluogo di contea del Meath, nella Provincia di Leinster.), 542 circa – Bobbio, 23 novembre 615) è stato un monaco, abate e missionario irlandese, noto per aver fondato numerosi monasteri e chiese in Europa.È conosciuto anche con altri nomi, impropri e più rari, quali san Colombano di Luxeuil (in Francia) o san Colombano di Bobbio o san Columba il Vecchio. In gaelico è chiamato Colum.Tramite le sue numerose fondazioni contribuì alla diffusione in Europa del monachesimo irlandese. Stabilì una regola monastica che in seguito si assimilò a quella benedettina e fu definitivamente abrogata anche formalmente nel 1448 da papa Niccolò V. Introdusse con il Paenitentiale l'uso della confessione privata in sostituzione di quella pubblica per il sacramento della penitenza.Colombano andò a scuola presso un maestro laico (fer-lèighin), apprendendo a leggere e a scrivere. Come gli altri giovani si occupava inoltre dei lavori della famiglia (allevamento del bestiame, conciatura delle pelli, caccia e pesca) e apprese anche a cavalcare e ad usare l'arco e la spada.A quindici anni decise di farsi monaco, nonostante l'opposizione della madre. Abbandonò la famiglia e si recò al monastero di Clinish Island (Cluane Inis, in gaelico), sull'isola di Cleen dei laghi Lough Erne, dove venne accolto dall'abate Sinneill, che aveva studiato nel monastero di Clonard con Columba di Iona (Columcille). Qui Colombano studiò le Sacre Scritture e apprese il latino.Terminati gli studi si trasferì presso il monastero di Bangor (Irlanda del Nord), dove sotto la guida dell'abate Comgall si praticava una stretta disciplina ascetica e la mortificazione corporale. Secondo la tradizione monastica irlandese, Colombano decise di seguire la peregrinatio pro Domino, partendo per fondare altri monasteri e diffondere la fede cristiana.Nel 612 Colombano decise di recarsi a Roma, per ottenere l'approvazione della propria regola da parte del papa Bonifacio IV. Lungo il cammino il suo discepolo san Gallo fu costretto a fermarsi perché ammalato e fondò in quel luogo l'abbazia di San Gallo.Secondo la leggenda agiografica per essersi voluto fermare in seguito alla malattia, Colombano avrebbe imposto al discepolo di non celebrare più messa fino alla sua morte. Nel momento della morte di Colombano, Gallo avrebbe avuto in sogno la visione di Colombano che in forma di colomba bianca saliva al cielo e avrebbe celebrato duque la sua prima messa in suo onore.Giunto a Pavia, Colombano si pose sotto protezione del re longobardo Agilulfo, che era tuttavia ariano, e della regina Teodolinda, che gli chiesero un suo intervento nella spinosa questione tricapitolina. In cambio il santo ottenne la possibilità di creare sul suolo demaniale un nuovo centro di vita monastica. Il luogo, segnalato da un certo Giocondo, venne esaminato dalla stessa regina Teodolinda, salita sulla vetta del monte Penice, la quale chiese al santo di dedicare alla Madonna la piccola chiesetta in cima alla vetta, futuro santuario di Santa Maria.L'area si trovava nel cuore dell'Appennino in una zona fertile e molto produttiva, dove abbondavano acque correnti e c'era pesce in quantità. Nella zona si trovavano anche antiche terme e sorgenti, sia termali che saline da cui si traeva il sale. La scelta del luogo ne faceva un avamposto religioso e politico controllato dal regno longobardo verso le terre liguri, ancora bizantine. Con il documento del 24 luglio del 613 che donava a Colombano il territorio per fondarvi il nuovo monastero, vennero attribuiti a questo anche la metà dei proventi delle saline del luogo, che appartenevano in precedenza al duca Sundrarit.Colombano giunse a Bobbio nell'autunno del 614 con il proprio discepolo Attala, riparò l'antica chiesa di San Pietro (situata dove ora vi è il castello malaspiniano) e vi costruì attorno delle strutture in legno, che costituirono il primo nucleo dell'abbazia di San Colombano.Secondo la leggenda agiografica, nonostante la presenza di una fitta boscaglia, che ostacolava il trasporto dei materiali da costruzione, san Colombano avrebbe sollevato i tronchi come fuscelli, facendo il lavoro di trenta o quaranta uomini. La leggenda riferisce anche dell'episodio dell'orso e del bue, che fu in seguito numerose volte raffigurato nell'arte: un orso uscito dalla foresta avrebbe ucciso uno dei due buoi aggiogato all'aratro di un contadino, ma san Colombano avrebbe convinto l'orso a lasciarsi aggiogare all'aratro per terminare il lavoro al posto del bue ucciso.Nella quaresima del 615 Colombano si ritirò nell'eremo di San Michele presso Coli, lasciando a Bobbio come suo vice Attala, e tornando al monastero solo alla domenica. Qui gli giunse la visita di Eustasio, suo successore a Luxeuil, inviato dal re Clotario II, il quale aveva nel frattempo riunito sotto il suo dominio i tre regni merovingi precedentemente esistenti e desiderava il suo ritorno in Francia.Colombano morì a Bobbio, nell'abbazia che aveva fondato, all'età 75 anni, la domenica 23 novembre del 615. Come secondo abate del monastero gli succedette Attala (615-627). La sua tomba si trova tuttora nella cripta dell'abbazia insieme a quelle degli abati suoi successori (Attala, Bertulfo, Bobuleno e Cumiano e di altri diciotto monaci e di tre monache.Giona, monaco nell'abbazia di San Colombano a Bobbio, fu incaricato dall'abate Attala di scrivere una biografia in latino del santo che è la fonte principale per le vicende della sua vita.Nel panorama del monachesimo altomedioevale, l'abbazia di Bobbio acquisì un notevole rilievo, grazie non solo alla notevole dotazione patrimoniale, che ne fece un grande feudo monastico, e e alla protezione regia e poi imperiale di cui godette fin dalla sua fondazione, ma anche e soprattutto per l'attività culturale che vi si svolgeva. Già nell'VIII secolo l'abbazia fu nota per l'attività del suo scriptorium e per la ricchezza della sua biblioteca.

domenica 25 settembre 2011

STRADE DELL' IMPERO ROMANO IN OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE

STRADE DELL'IMPERO ROMANO......La VIA POSTUMIA... è una via consolare romana fatta costruire nel 148 a.C. dal console romano Postumio Albino nei territori della Gallia Cisalpina, l'odierna pianura padana, per scopi prevalentemente militari.Congiungeva per via terra i due principali porti romani del nord Italia, Genova e Aquileia, grande centro nevralgico dell'Impero Romano, sede di un grosso porto fluviale accessibile dal Mare Adriatico.
Per trovare i due successivi porti più importanti si doveva scendere a Roma dal lato tirrenico e a Ravenna dal lato adriatico.La strada, lasciata Genova, percorreva la Val Polcevera fino a Pontedecimo (Pons ad decimum lapidem) quindi valicava l'appennino nei pressi dell'odierno Passo della Bocchetta. Bisogna ricordare che la strada proseguiva, anche sul tracciato di precedenti percorsi liguri, per i crinali anziché per i fondovalli. Pertanto dalla Bocchetta (o Pian di Reste) procedeva per il Monte Poggio, passando per l'odierno Fraconalto (inizialmente Fiaccone, sorto nel Medioevo, probabilmente attorno ai secoli IX-X), quindi scendeva (per il valico presso l'attuale Castagnola, frazione di Fraconalto), risaliva per il Monte Porale, e quindi da qui scendeva verso la pianura passando per la fiorente Libarna. La meta finale di questo primo settore dell'Oltregiogo era Dertona (oggi Tortona). Questo tratto diventerà poi comune con diramazione della via Emilia Scauri.Proseguendo nel suo cammino,passando per Iria(Voghera) e Clastidium (Casteggio), giungeva a Placentia, (Piacenza), dove si intersecava con la via Emilia, e quindi Cremona, Verona, Vicenza, Oderzo e, forse, Iulia Concordia (Concordia Sagittaria).Era l'unica via interamente terrestre che consentiva di arrivare da Roma all'est e al trentino, in quanto il suo ponte a Verona era l'unico ponte sull'Adige.Con l'apertura della nuova via Julia Augusta tra Tortona e Vada Sabatia (Vado Ligure), che tagliava fuori Genova, il primo tratto della strada perse progressivamente importanza e con essa le zone della valle del Lemme. Al contrario acquistarono importanza le zone intorno ad Acqui Terme.La via Postumia, con qualche modifica, rimase attiva (con alterna fortuna) almeno fino all'VIII secolo sotto il controllo dei monaci della potente Abbazia di San Colombano di Bobbio, per poi cadere lentamente in disuso fino ad essere dimenticata.Fu in parte ripresa dopo l'anno Mille, come percorso privilegiato, dalla Repubblica di Genova, che pose sotto il suo controllo i centri di Gavi, Voltaggio e Fiaccone (Fraconalto).
La meta finale di questo primo settore dell'Oltregiogo era Dertona (oggi Tortona). Questo tratto diventerà poi comune con diramazione della via Emilia Scauri.Proseguendo nel suo cammino,passando per Iria(Voghera) e Clastidium (Casteggio), giungeva a Placentia, (Piacenza), dove si intersecava con la via Emilia, e quindi Cremona, Verona, Vicenza, Oderzo e, forse, Iulia Concordia (Concordia Sagittaria).

giovedì 15 settembre 2011

DAI LONGOBARDI AL MEDIOEVO.......

nell'alto medioevo, epoca dei secoli bui,risalgono al monaco Giona di Bobbio: egli narra che il monaco bobbiese Meroveo, mandato dall'abate di Bobbio Sant'Attala a Tortona, scoprì un tempio ancora officiato da pagani in fitte boscaglie presso Vicus Iriae. Questa forma del VII secolo rappresenta l'anello di congiunzione tra Iria e Viqueria, la forma medievale usata successivamente. Iria era decaduta in quel periodo a vicus, villaggio, in conseguenza delle invasioni barbariche: si ricorda in particolare Gundobado, re dei Burgundi, che al tempo della guerra tra Odoacre e Teodorico (490) aveva orrendamente saccheggiato la regione attorno a Pavia, deportandone schiavi gli abitanti. In questa occasione forse anche Iria fu devastata, benché la storia non la nomini distintamente.Fin dall'epoca longobarda(i Malaspina sono una delle famiglie discese dal ceppo degli Obertenghi, il cui capostipite fu Oberto I (Otbert o Odebertus), che fu attorno alla metà del X secolo conte palatino (conte del Sacro Palazzo di Pavia e massima autorità giudiziaria nel Regno), e dal 951 Marchese di Milano e Conte di Luni e della marca da lui detta Obertenga, nella Liguria Orientale, comprendente i comitati di Milano, Genova, Tortona, Bobbio, Luni e zone limitrofe [in pratica più o meno l'attuale Lombardia più il Novarese, la Svizzera Italiana e l'Emilia con Ferrara; il Genovesato fino alla Lunigiana e alla Garfagnana e parte del Piemonte, cioè Tortona, Novi Ligure e l'Oltregiogo).
vi operano quindi i monaci colombaniani della potente Abbazia di San Colombano e del grande Feudo monastico di Bobbio, che vi fondano il Monastero di San Colombano nella frazione di Torremenapace evangelizzando il territorio. Essi favorirono espansione dei commerci dell'agricoltura e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.All'epoca di Liutprando venne fondato il Monastero del Senatore di Pavia (714), tra i cui beni fin dall'inizio ci fu la chiesa di Sancti Petri de Stafula, cioè la chiesa che diede nome alla Porta San Pietro (attuale piazza San Bovo) e al borgo sulla strada che adduceva al ponte sulla Staffora. Questo monastero era tra i massimi possidenti in Voghera: oltre alla chiesa di San Pietro possedeva quella di Sant'Ilario, ancor oggi esistente (Chiesa Rossa e sacrario della Cavalleria), tutte le terre oltre il torrente e quelle tra lo stesso e il centro abitato. Altri enti religiosi ebbero vasti possedimenti a Voghera: i monasteri di San Salvatore, di San Felice e di San Pietro in Ciel d'Oro, sempre di Pavia, e quello di San Marziano di Tortona. Voghera apparteneva già allora alla diocesi di Tortona, di cui costituiva una della pievi più importanti, dedicata a San Lorenzo.Il re Berengario I assegnò la giurisdizione su Voghera al vescovo di Tortona, staccandola da quella di Bobbio, anche se entrambe facevano parte dell'arcidiocesi di Genova e della marca Obertenga (liguria orientale); confermata poi da Ottone I, che assegnò al presule tortonese i diritti comitali sul territorio circostante per un raggio di un miglio. I diritti del vescovo erano però limitati da quelli dei grandi monasteri possidenti, specie quello del Senatore, che oltre a godere di ampia immunità sulle sue terre, si ingeriva costantemente nelle questioni della comunità vogherese. Da qui lunghissime liti.I possedimenti dei monasteri pavesi evidenziano la progressiva preponderanza che la città di Pavia stava assumendo nel territorio oggi detto Oltrepò Pavese; in una lite tra Voghera e Bagnolo (oggi solo cascina ma un tempo luogo importante presso Casei Gerola) i due centri furono spalleggiati rispettivamente da Pavia e Tortona, che già dimostravano la loro inimicizia poi tanto funesta. Nel 1164 Voghera fu definitivamente assoggettata, per diploma di Federico I, alla giurisdizione del comune di Pavia.Nel medesimo periodo, a cura del monastero del Senatore, fu edificato fuori porta San Pietro un grande ponte sulla Staffora, a sei arcate a pieno sesto, abbattuto nel XIX secolo dopo la costruzione del nuovo ponte in occasione del riattamento della strada per Piacenza. Questo ponte (sito in fondo a via Ponte Vecchio: oggi ne rimane qualche avanzo) fu ritenuto romano, ma in realtà fu compiuto solo verso il 1180: si potrebbe definire piuttosto romanico. La costruzione del ponte fu resa necessaria dal grande afflusso di pellegrini diretti a Roma, dal che l'antica strada tra Tortona e Piacenza prese il nome di Romera che ancora conserva popolarmente. In quel periodo stava infatti diventando la via preferita dai pellegrini al posto della via Francigena. Per i pellegrini a Voghera sorsero anche due ospizi, entrambi detti di San Giovanni, uno gestito dagli Ospitalieri e l'altro dai Templari. Tra i molti che passarono da Voghera, alcuni vi si spensero, e in particolare San Bovo e San Rocco, cui furono pure dedicati ospizi siti rispettivamente a est e a ovest della città. Questi santi resero celebre Voghera nel mondo cristiano (il corpo di San Rocco fu trafugato dai Veneziani nel 1485).

domenica 21 agosto 2011

OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE...DAL NEOLITICO...AI GIORNI NOSTRI,,,RAPIDO ESCURSUS.....


Le più antiche testimonianze archeologiche sulla valle Staffora risalgono al periodo del Neolitico (3500 a.C. circa): si tratta di sporadici rinvenimenti avvenuti a Guardamonte, Salice Terme e Castellaro di Varzi. Quest'ultimo, avvenuto nel...... 1961, consiste nel ritrovamento di un'ascia litica in serpentino verde con le due facce convesse molto usurate. Il ritrovamento appare interessante per il luogo: nell'alta valle Staffora, dove è dunque testimoniata la presenza umana anche in epoche remote.

In epoca più recente, la valle Staffora è stata teatro dell'insediamento dei Liguri. Si tratta di una popolazione su cui le fonti storiche sono molto scarse e stereotipate e ricordano in genere la loro condizione primitiva. I Liguri sono una popolazione diffusa nell'Italia centrosettentrionale, in un'area corrispondente alla Toscana settentrionale, alla Liguria, al Piemonte e Val d'Aosta e alla Lombardia odierne, oltreché a frange montane dell'Emilia e del Trentino. Verso il VI secolo a.C. i Liguri occupano tutta la zona compresa tra la foce del Rodano e l'Italia centrosettentrionale, arrivando addirittura alla Corsica e alla Francia.

I Liguri abitavano in borghi formati da capanne sparse e, non di rado, nelle caverne naturali, comuni sugli Appennini. Si occupavano di agricoltura di sussistenza, che non alleviava gli stenti e la povertà di cibo, dovuti alla conformazione montuosa del territorio appenninico. Altra fonte di cibo erano la caccia e la pesca, ove possibile. Per queste popolazioni il monte Penice aveva la prerogativa di montagna sacra: qui è stata rinvenuta nel 1924 una statuetta votiva, databile all'inizio dell'Impero, che testimonia la persistenza del monte come luogo di culto fin dai tempi antichi. La figura più venerata delle divinità liguri è Cicno (cigno), mitico re di questo popolo.

Dopo l'arrivo dei Celti nel VI-V secolo a.C., si forma una nuova stirpe, quella Celto-ligure, che si insedia nella valle Staffora mediante piccole tribù, che abbandonano le alte vette per insediarsi a mezza costa, in posizione più favorevole per procacciarsi il cibo. È il periodo della fondazione di villaggi come Varzi e, in seguito, Iria (Voghera). I Celti, al contrario dei Liguri, sono popolazioni linguisticamente appartenenti al ceppo indoeuropeo. La loro massima diffusione si colloca nel III secolo a.C., quando arrivano fino all'Asia Minore, partendo dalle zone di origine, cioè il corso superiore del Danubio e la Francia orientale. Sono popolazioni in cui prevale il sentimento tribale e l'appartenenza a piccoli gruppi, stanziati in un proprio territorio con insediamenti sparsi e governati in origine da un re.

La valle Staffora è ancora al centro della storia degli Appennini con la conquista romana del III secolo a.C., ma soprattutto dopo lo scoppio della II guerra punica nel 218 a.C. e l'arrivo del grande condottiero Annibale. Questi, dopo aver sconfitto i Romani nella battaglia del Trebbia (dicembre 218 a.C.), si attesta sui monti della valle Staffora. La sua permanenza ha lasciato numerose tracce: il toponimo Strada di Annibale dato alla mulattiera che da Brallo porta a Cima Colletta e al passo del Giovà; il rinvenimento nella stessa zona di una lancia, un coltello e alcune frecce.

Solo dopo la sconfitta di Annibale a Zama nel 202 a.C. i Romani riprendono la lotta contro i Liguri, sottomettendoli definitivamente nel 197 a.C. Inizia il periodo di dominazione romana, caratterizzata da insediamenti di presidi e colonie militari in pianura e lungo la via Postumia. La via Postumia è una strada consolare fatta costruire dal console romano Aulo Postumio Albino nel 148 a.C.; collegava Genova con Aquileia, passando per Libarna (presso Serravalle Scrivia), Derthona (Tortona), Clastidium (Casteggio), Placentia (Piacenza), Cremona, Verona Vicetia (Vicenza), Opitergium (Oderzo). Si tratta per lo più di una strada "di arroccamento", cioè una direttrice per gli spostamenti veloci delle truppe per la difesa del territorio e il suo controllo.

I Romani iniziano, poi, la penetrazione dell'alta valle Staffora, probabilmente sia a caccia dei disertori dell'esercito, che si erano rifugiati in zone inaccessibili, sia per i cristiani che, perseguitati nelle città, erano fuggiti sui monti. Proprio al periodo romano risale un importante ritrovamento: la fornace di Massinigo. Questa fu rinvenuta nel 1957 in occasione dei lavori di costruzione della scuola elementare. La fornace è una delle strutture di questo tipo meglio conservate in Lombardia e l'unico impianto produttivo del genere in Oltrepò. Il forno ha pianta circolare con fondazione in pietra locale e alzato in laterizi. Dell'impianto rimane un piano di cottura in argilla forato e sostenuto da un corridoio a volte che collegavano i muretti di sostegno della camera di combustione. Il legname combustibile veniva immesso tramite un praefurnium, conservatosi solo in parte. La fornace aveva tiraggio verticale: il calore usciva attraverso i fori del piano di cottura, riscaldava la camera dove si trovavano gli oggetti da cuocere e usciva da un camino. Questo manufatto serviva per la cottura di mattoni e tegole: lo spessore del piano di cottura è, infatti, notevole ed è stata rinvenuta una grande quantità di materiale edilizio all'interno della struttura stessa. Le analisi di tipo archeomagnetico hanno permesso di collocare l'ultimo momento di utilizzo del forno entro la prima metà del I secolo d.C.

venerdì 29 luglio 2011

SULLE ORME DI ANNIBALE....LA BATTAGLIA DEL TREBBIA

La battaglia del Trebbia avvenuta il 18 dicembre del 218 a.C. durante la seconda guerra punica, è stato il secondo scontro ingaggiato al di qua delle Alpi fra le legioni romane del console Tiberio Sempronio Longo e quelle cartaginesi guidate da ANNIBALE.La battaglia del Ticino era terminata poche settimane prima con esito disastroso per le legioni di PUBLIO CORNELIO SCIPIONE. I romani erano stati respinti e si erano ritirati verso la colonia di Piacenza per riorganizzarsi. Ma non era possibile resistere ancora a lungo e SCIPIONE, ferito, aveva portato le sue truppe in luoghi collinosi dove la cavalleria numidica e gli elefanti di Annibale avrebbero avuto maggiori difficoltà.Per sua fortuna gli uomini di Annibale si attardarono a perlustrare il campo abbandonato e le legioni di Scipione poterono attraversare il fiume e distruggere il ponte di barche rallentando ulteriormente l'inseguimento dei cartaginesi. Scipione riuscì a costruire un campo fortificato dove, mentre attendeva l'arrivo delle legioni del collega Tiberio Sempronio Longo lasciava riposare le sue truppe.
La dilatazione dei tempi consentì alle legioni consolari guidate da Tiberio Sempronio di ricongiungersi alle forze di Scipione. A Sempronio era stato ordinato di portare la guerra in Africa ed era in Sicilia con le sue due legioni per preparare lo sbarco quando giunse da Roma l'ordine di portarsi velocemente in Gallia Cisalpina per contrastare Annibale. Le legioni di Sempronio in 40 giorni (non si sa se marciando o, come narra Livio, risalendo l'Adriatico per mare) erano giunte prima a Rimini e poi al campo di Scipione.Per Annibale si pose il problema dei rifornimenti di viveri in quanto gli alleati Galli non erano poi così generosi verso l'esercito punico. La soluzione arrivò con l'"acquisto" di CLASTIDIUM (ODIERNA CASTEGGIO), la fortezza-dispensa dove i romani tenevano grandi riserve di viveri. Tito Livio, lo storico del I secolo attribuisce al prefetto del presidio, il brindisino Dasio, la cessione della borgata per la somma, nemmeno eccezionale, di quattrocento nummi aurei.
A suo vantaggio aveva la defezione dei Celti che, come ci informa Polibio, dopo la sconfitta di Publio al Ticino,
« ...constatando che le prospettive dei Cartaginesi erano più brillanti, dopo aver tramato tra loro stavano in attesa dell'occasione favorevole per un assalto, ciascuno restando nella propria tenda. Quando gli uomini del campo ebbero mangiato e si furono addormentati, essi, lasciata passare la maggior parte della notte, verso la veglia del mattino assalirono armati i Romani che erano accampati nelle vicinanze. E molti ne uccisero, non pochi ne ferirono; infine, tagliate le teste ai morti, andarono a rifugiarsi presso i Cartaginesi: erano circa duemila fanti e poco meno di duecento cavalieri. »

mercoledì 27 luglio 2011

2000 ANNI FA NELLE QUATTRO PROVINCE.....

2000 ANNI FA IN OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE.....Le regioni dell'Italia augustea erano gli 11 territori in cui fu divisa la penisola italica da Augusto all'incirca nel 7 d.C.Con l'avvento dell'impero ci fu un tentativo di riorganizzare le città della penisola in base a CRITERI ETNICI, LINGUISTICI nonché GEOGRAFICI, probabilmente a causa del fallimento del precedente sistema organizzativo in tribù territoriali.
REGIO IX LIGURIA....Il territorio comprendeva tutta l'attuale riviera ligure da Nicaea (Nizza) fino alla foce del fiume Macra (Magra). All'estremità occidentale si estendeva dalla costa nell'entroterra solo per pochi chilometri, costituendo una lingua di terra dalla foce del fiume Varus presso Nizza a Albintimilium (Ventimiglia), incuneandosi tra la provincia delle Alpes Maritimae e il Sinus Ligusticus (Mar Ligure). A Ventimiglia il confine risaliva poi verso nord fino alla provincia delle Alpes Cottiae e alla Regio XI Transpadana secondo il confine stabilito dal Po (allora Padus). Presso la confluenza del Tanaro (Tanarus) nel Po il confine tornava a sud in direzione sud-est (Regio VIII Aemilia) includendo la valle del Trebbia fino a seguire poi verso est lo spartiacque del Mar Ligure a Tigullia giungendo alla foce del Magra (Macra) presso Luna (Regio VII).
CITTA'PRINCIPALI.....Alba Pompeia (Alba)Albintimilium (Ventimiglia)Albingaunum (Albenga)Augusta Bagiennorum (Bene Vagienna)Derthona (Tortona)Genua (Genova)Hasta (Asti)Iria (Voghera)Clastidium(Casteg​gio)LibarnaMonilia (Moneglia)Portus Delphini (Portofino)Portus Veneris (Porto Venere)Segesta (Sestri Levante)Vada Sabatia (Vado Ligure)Spedia (La Spezia).

 Con l'avvento dell'impero ci fu un tentativo di riorganizzare le città della penisola in base a CRITERI ETNICI, LINGUISTICI nonché GEOGRAFICI, probabilmente a causa del fallimento del precedente sistema organizzativo in tribù territoriali.....................

martedì 26 luglio 2011

VERSO MEDIOLANUM.....LA BATTAGLIA DI CLASTIDIUM

La Battaglia di Clastidium (oggi Casteggio, nell'Oltrepò Pavese) ebbe luogo nel 222 a.C., probabilmente il 1° marzo, tra i Romani e Galli Insubri.Antefatto della battaglia fu l'attacco portato dai Romani, comandati dal console Marco Claudio Marcello, agli Insubri, che tre anni prima avevano condotto una pericolosissima offensiva contro gli stessi Romani, fermata a Talamone con una delle battaglie che, per le forze in campo, fu considerata tra le maggiori dell'antichità. I Romani, respinte le proposte di pace degli Insubri, assediavano Acerrae, località tra il Po e le Alpi tradizionalmente identificata con Pizzighettone, tra Cremona e Lodi.Per alleggerire la situazione di Acerrae cui non riuscivano a venire in aiuto (i Romani avevano occupato tutte le posizioni strategiche attorno alla città), gli Insubri, rafforzati da circa trentamila mercenari della valle del Rodano detti gesati, tentarono una diversione su Clastidium. Essa era allora un'importante località degli Anamari (o Marici), popolazione ligure che, probabilmente per timore dei vicini Insubri bellicosi, già l'anno prima avevano accettato l'alleanza con Roma.Saputa la notizia i Romani, non abbandonando come sperato dagli Insubri l'assedio di Acerrae, inviarono la cavalleria con parte dei fanti a soccorrere gli alleati. Non è chiaro se Clastidium fosse allora caduta (come sembra indicare Plutarco), o ancora resistesse, come con più verosimiglianza indica Polibio. Comunque gli Insubri, lasciata Clastidium, avanzarono contro il nemico, ma furono attaccati dalla cavalleria romana con grande impeto. Dopo una certa resistenza, attaccati anche alle spalle e alle ali dai Romani, dovettero ritirarsi disordinatamente, e furono spinti verso un fiume (il Po oppure forse, come vuole il Baratta, un piccolo corso d'acqua locale, la Coppa), dove in gran numero trovarono la morte. Gli altri furono invece uccisi dai Romani. Lo stesso console Marcello, riconosciuto il re nemico Virdumaro dalle ricche vesti, lo attaccò uccidendolo di persona.La distruzione dell'esercito degli Insubri spianò ai Romani la strada di Milano, capitale nemica, che fu conquistata dopo breve assedio. La battaglia di Clastidium, che fu quindi il preludio della prima unificazione italiana, divenne tra le più celebri della storia romana.La nota epica dello scontro diretto tra i comandanti fece sì che Marcello, che consacrò le spolia opima (ricche vesti) di Virdumaro a Giove Feretrio, divenisse protagonista di una delle più antiche opere della letteratura latina, la fabula praetexta di Nevio, intitolata appunto Clastidium.Marcello ebbe l'onore del trionfo, che viene ricordato nei Fasti trionfali capitolini con le seguenti parole:"
M. CLAUDIUS M. F. M. N. MARCELLUS AN. DXXXI
COS. DE GALLEIS INSUBRIBUS ET GERMAN
K. MART. ISQUE SPOLIA OPIMA RETTULIT
REGE HOSTIUM VIRDUMARO AD CLASTIDIUM
INTERFECTO".
La battaglia di Clastidium è descritta nei particolari da Polibio (II, 34, 5) e, in modo un po' più romanzato, da Plutarco (Marcellus, VI, 5).Ad essa si riferiscono Cicerone (Tusculanae, IV, 22, 49), Livio (XXIX, 25, 7 e XXIX, 11, 40), Valerio Massimo (Memorabilia, I, 1, 8), e vi alludono gli epitomatori Floro ed Eutropio.Anche Virgilio nell'Eneide ricorda (VI, 855) l'impresa di Marcello:
« Aspice, ut insignis spoliis Marcellus opimis
ingreditur uictorque uiros supereminet omnis.
Hic rem Romanam magno turbante tumultu
sistet eques, sternet Poenos Gallumque rebellem,
tertiaque arma patri suspendet capta Quirino. »

mercoledì 20 luglio 2011

QUATTRO PROVINCE....DAI LIGURI AI ROMANI

IL CONTATTO CON I ROMANI.......Nel III secolo a.C. i Liguri si scontrarono con l'espansionismo dei Romani provenienti da sud. Lo scontro tra i due popoli fu lungo e sanguinoso.Le ostilità furono aperte nel 238 a.C. da una coalizione di Liguri e di Galli Boi, ma i due popoli si trovarono ben presto in disaccordo e la campagna militare si arrestò con lo sciogliersi dell'alleanza.Durante la seconda guerra punica i Liguri fornirono soldati, esploratori e guide alle truppe di Annibale al momento di varcare gli Appennini. I liguri speravano infatti che il generale cartaginese li liberasse dal vicino romano. I Liguri parteciparono alla battaglia della Trebbia, in cui i cartaginesi ottennero la vittoria. Altri Liguri si arruolarono nell'esercito di Asdrubale quando questi calò in Italia nel 207 a.C. nel tentativo di ricongiungersi con la truppa del fratello Annibale.Nel porto di Savo (l'attuale Savona) allora capitale dei Liguri Sabazi, trovarono riparo le navi triremi della flotta cartaginese del generale Magone Barca, fratello di Annibale, destinate a tagliare le rotte commerciali romane nel mar Tirreno.I Liguri si divisero comunque tra alleati di Cartagine e alleati di Roma. Fu quando i Romani conquistarono questo territorio, con l'aiuto dei loro federati Genuates, che l'attuale regione della Liguria, corrispondente alla [[IX Regio] dell'Impero romano, la quale si estendeva dalle Alpi Marittime e Cozie, al Po, al Trebbia e al Magra, prese il nome con cui è ancora oggi chiamata.Con la definitiva sconfitta di Annibale a Zama nel 203 a.C. i Romani ripresero la campagna contro i Liguri. Questa seconda fase di scontro si concretizzò in una lunghissima campagna militare che durò dal 197 a.C. al 155 a.C. Storicamente l'inizio della campagna viene datato al 193 a.C. per iniziativa dei conciliabula (federazioni) dei Liguri, che organizzano una grande scorreria spingendosi fino alla riva destra del fiume Arno. In realtà i Romani avevano inizato alcune limitate operazioni militari lungo l'appennino già negli anni precedenti (vedi ad esempio le operazioni del console Minucio Rufo del 197 a.C. a Casteggio).Nel corso di tutta la guerra i Romani vantarono 15 trionfi e almeno una grave sconfitta. Nel 186 a.C. i Romani vennero battuti dai Liguri nella valle del Magra; nella battaglia, che avvenne in un luogo stretto e dirupato, i Romani persero circa 4000 soldati, tre insegne d'aquila della seconda legione e undici vessilli degli alleati latini. Inoltre, nello scontro rimase ucciso anche il console Quinto Marzio. Si pensa che il luogo della battaglia e della morte del console abbia dato origine al toponimo di Marciaso o a quello del Canale del marzo sul Monte Caprione nel comune di Lerici e vicino ai ruderi della città di Luni, che sarà poi fondata dai Romani. Tale monte aveva un'importanza strategica perché da esso si controllava la valle del Magra ed il mare.Nel 180 a.C. i Romani, per poter disporre della Liguria nella loro conquista della Gallia, dovettero deportare 47.000 Liguri Apuani, , confinandoli nell'area Sannitica.Nel 180 a.C. i proconsoli Romani Publio Cornelio Cetego e Marco Bebio Tanfilo inflissero una gravissima sconfitta ai Liguri (soprattutto ai Liguri Apuani,irriducibili ribelli), e ne deportarono ben 40.000 nelle regioni del Sannio (compresa tra Avellino e Benevento). A questa deportazione ne seguì un'altra di 7.000 Liguri nel corso dell'anno successivo. Questi sono stati uno dei pochi casi in cui i Romani hanno deportato popolazioni sconfitte ed in numero così elevato. Nel corso della campagna i Romani fondarono, su agglomerati preesistenti, le colonie di Lucca (180 a.C.) e di Luni (177 a.C.), originariamente concepite come avamposti militari per il controllo del territorio e come basi di rifornimento per le legioni impegnate nella guerra. Già nel 177 a.C. gli ultimi gruppi di Liguri Apuani si arresero alle forze romane, mentre la campagna militare continuava più a nord. Le ultime resistenze furono vinte nel 155 a.C. dal console Marco Claudio Marcello.Anche dopo la loro sconfitta definitiva alcuni contingenti di Liguri operarono per qualche tempo come ausiliari negli eserciti romani, combattendo nella guerra contro Giugurta e nella campagna contro i Cimbri e i Teutoni. Una legione di liguri era stanziata ad Olbia per opporsi alle incursioni dei Sardi dell'interno.Nel 6 Genova divenne il centro della IX delle regioni dell'Italia augustea.

sabato 16 luglio 2011

ORIGINI DELLE QUATTRO PROVINCE

...I LIGURI.....I Liguri (in greco Λιγυες, ovvero Ligues e in latino Ligures) erano un'antica popolazione che ha dato il suo nome all'odierna regione della Liguria, attestata intorno al 2000 a.C. nel nord dell'Italia e nella Francia meridi...onale (i due estremi tradizionali della cultura ligure vengono solitamente posti alle foci del Rodano e alle foci dell'Arno). Liguri abitavano nell'attuale Liguria, nella Toscana settentrionale, nel Piemonte, in parte della Lombardia (occidentale e meridionale) in parte dell'Emilia-Romagna (province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena), ed in parti del sud-est della Francia . Va citata anche la popolazione forse di ceppo ligure dei Corsi che popolava la Corsica e il nord-est Sardegna nel II e I millennio a.C. L'avanzare dei Celti nel Nord Italia durante il VI-V secolo a.C. e le conquiste dei Romani nel III-II secolo a.C. spinsero i Liguri ad arroccarsi in zone montane dell'Appennino e lungo le coste del Mar Ligure.Fondendosi progressivamente con elementi Indoeuropei divennero essi stessi Proto-Indoeuropei, parlanti un miscuglio delle due lingue, durante il Neolitico; Indoeuropei, parlanti un lingua ancora non specializzatasi nei vari dialetti, tra il 3000 ed il 2000 a.C.; Proto-celti, parlanti una forma arcaica di celta con influssi antico-liguri, tra il 2000 ed il 1000 a.C. ed, infine, Celti o celtizzati, con la fusione e scomparsa delle reminiscenze linguistiche liguri, dal 1000 a.C. in poi.I Romani chiamavano ‘Liguri dai capelli lunghi’ (Ligures comati) quei popoli Liguri stanziati nelle zone più montuose della Liguria e dell’Appennino tosco-emiliano. Nelle Alpi occidentali Marittime molte tribù che si manterranno a lungo ostili ai Romani continuano ancora a chiamarsi a questo mondo (Ligures capillati) al tempo di Augusto.
Conosciamo i nomi di alcune delle tribù (o pagu) in cui i Liguri si raggruppavano:Gli Ambroni, che sono nominati come una delle tribù primigenie nella battaglia di Aquae Sextiae (102 a.C.) e citati nella Vita di Mario.
Gli Apuani, che si stabilirono nelle montagne della Lunigiana (attuali province di Massa Carrara e La Spezia), della Garfagnana e della Versilia (provincia di Lucca).
I Tigulli, insediati nella Riviera di levante fino a Framura.
I Friniati, insediati all'interno, nell'Appennino, tra le attuali province di Parma (valli del Parma e dell'Enza), Reggio Emilia, Modena (una vasta zona dell'Appennino modenese è denominata "Frignano" pare proprio dal nome della tribù Ligure dei Friniati) e Pistoia.
I Veleiati, anche detti Eleati o Celeiati, insediati all'interno, sul territorio che attualmente comprende le provincie di Piacenza e Parma (centro principale in età romana: il Municipio di Velleia).
I Genuati, insediati nella zona di Genova
Gli Ilvati, abitanti originariamente nell'isola d'Elba ma poi ritiratisi nell'Appennino.
I Veituri, (suddivisi nelle sottotribù degli Utrines, Sestrines, Mentovines e dei Langenses), insediati nell'attuale ponente genovese ed in Val Polcevera, dove nel 1506 fu rinvenuta la nota Tavola Bronzea di Polcevera, redatta a Roma nel 117 a.C.
Gli Statielli, insediati nell'odierna provincia di Alessandria nel territorio di Acqui, nelle valli delle due Bormide e degli affluenti Orba e Belbo.
I Dectunini, insediati nel tortonese,nel novese e nel vogherese.
I Sabazi, insediati nel Savonese.
Gli Ingauni, insediati nel territorio di Albenga.
I Bagienni (o Vegenni) e gli Epanteri, insediati nell'alta valle del Tanaro e poi trasferitisi in val Trebbia a Bobbio (sede del pagus omonimo) sotto il municipio di Velleia (centro principale in età romana: Augusta Bagiennorum - ora Bene Vagienna).
Gli Intemeli, insediati nella Riviera di Ponente, nei pressi di Ventimiglia (Albium Intemelium).
I Levi e i Marici, insediati nella zona nell'attuale oltrepo pavese fino al fiume Po (province di Pavia e Alessandria)

venerdì 15 luglio 2011

STORIA QUATTRO PROVINCE

Come le province Basche che sono state divise per ragioni amministrative (in questo caso 2 nazioni diverse)così l'oltrepo,con tutte le terre denominate "delle 4 PROVINCE", è stato suddiviso nell'arco dei secoli,oltre alle attuali quattro amministrazioni provinciali,anche a quattro corrispondenti REGIONI diverse;PIEMONTE,LIGURIA,LOMBARDIA ed EMILIA ROMAGNA,culturalmente però, si tratta di un'area omogenea, dove per secoli la gente ha vissuto in modi simili (coltivando cereali, patate e castagne, allevando capre e mucche, costruendo villaggi di impianto caratteristico, ecc.) e si è conosciuta... e sposata più facilmente a cavallo tra le alte valli che fra queste e le corrispondenti zone di pianura. Questa unità è testimoniata soprattutto nella musica tradizionale popolare, che perciò è stata definita delle Quattro Province(OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE). Storicamente zona di transito per commercianti eserciti,pellegrini e viaggiatori,vi passavano antiche percorrenze come la "via postumia"che collegava Genova ad Aquileia;la via Francigena che nel medioevo portava i pellegrini dalla Francia a Roma e da quì a Gerusalemme;la "via degli abati" che partiva da Bobbio,e l'antica via del sale attraverso la quale transitava il minerale allora prezioso verso la pianura padana,proveniente dalle saline liguri.
Ne delimita il confine a nord il "grande fiume PO" da ovest CORNALE in prov.di Pavia, ad est, S.NICOLO' prov.di Piacenza,dove sfociano rispettivamente lo SCRIVIA ed il TREBBIA.
Questi due corsi d'acqua lo SCRIVIA ed il TREBBIA nascono entrambi dalle pendici del monte PRELA' 1406 m.(APPENNINO LIGURE)nel comune di TORRIGLIA in provincia di Genova tracciando quindi i confini da ovest ad est e sud con la val PENTEMA e la val d'AVETO, la REGIONE che vorremmo!
Matrice comune,di questa bella ma particolare terra denominata "area delle quattro provincie",è legata nell'alto medioevo alla casata dei MALASPINA,nobile famiglia italiana di origine longobarda,che resse anche la lunigiana ed il marchesato di MASSA -CARRARA,era di parte guelfa e prese parte alle lotte dei Lombardi contro gli Hohenstaufen. Ebbe anche un'ampia e compatta signoria nella zona a nord di Genova (AREA DELLE QUATTRO PROVINCIE), nelle valli dei fiumi TREBBIA, STAFFORA,CURONE e SCRIVIA. Entrambe le signorie, quella della Lunigiana e quella a nord di Genova (detta lombarda), andarono ben presto sfaldandosi per l'adozione del diritto longobardo che prevedeva la spartizione dei beni (e anche dei feudi) tra tutti i figli maschi.I Malaspina sono una delle famiglie discese dal ceppo degli Obertenghi, il cui capostipite fu Oberto I (Otbert o Odebertus), che fu attorno alla metà del X secolo conte palatino (conte del Sacro Palazzo di Pavia e massima autorità giudiziaria nel Regno), e dal 951 Marchese di Milano e Conte di Luni e della marca da lui detta Obertenga, nella Liguria Orientale, comprendente i comitati di Milano, Genova, Tortona, Bobbio, Luni e zone limitrofe [in pratica più o meno l'attuale Lombardia più il Novarese, la Svizzera Italiana e l'Emilia con Ferrara; il Genovesato fino alla Lunigiana e alla Garfagnana e parte del Piemonte, cioè Tortona, Novi Ligure, Ovada, la Val Bormida (l'Oltregiogo), e poi si aggiunse anche Ascoli Piceno].
Questo ampio territorio andò riducendosi e spezzettandosi, sia per le divisioni ereditarie (non avendo l'istituto del maggiorascato), sia per avvecendamenti con altre famiglie (Fieschi, Spinola, Doria ed altri) e sia per la pressione dei nascenti comuni (Milano, Genova, Piacenza, Tortona, Pavia e Bobbio).
Da Oberto I, attraverso i successivi discendenti Oberto II, Oberto Opizzo I, Alberto I, Oberto Obizzo II, si giunge ad Alberto o Adalberto (morto nel 1140) detto Malaspina, capostipite della famiglia. Il figlio Obizzo I (il grande) (morto nel 1185) ebbe nel 1164 confermati i suoi feudi dall'imperatore Federico I e fu nominato vassallo imperiale: essi si componevano già dei due blocchi storici: parte della Liguria (Tigullio, Cinque Terre e Levanto sul mare, persi per acquisizioni di Genova e dei Fieschi), con la Lunigiana e la Garfagnana e la zona delle valli del Trebbia (fino a Torriglia), la Val d'Aveto (fino a Santo Stefano d'Aveto) e Staffora (Oltrepò); e in quella che allora si diceva Lombardia (Val Bormida e Oltregiogo).
Dei suoi vari discendenti nel 1220 erano viventi i soli Corrado e Opizzino, confermati dall'imperatore nei loro feudi invero alquanto ridotti per le cessioni fatte specie a Piacenza. Nel 1221 essi divisero le loro signorie: Corrado ebbe la Lunigiana a ovest del Magra e la val Trebbia in Lombardia, dando origine al ramo dello Spino Secco; Opizzino ebbe la Lunigiana a est del Magra e la valle Staffora in Lombardia, dando origine al ramo dello Spino Fiorito.
I MALASPINA,i cui appartenenti avevano il titolo di principi di S.Colombano,si frammentarono successivamente in una miriade di piccole famiglie legate alle linee dello SPINO SECCO(di Mulazzo,di Prègola etc.) e dello SPINO FIORITO(di Varzi,Fivizzano,Godiasco etc.)
Ancora oggi,la diocesi facente capo a Tortona raccoglie quasi tutto questo teritorio(esclusa una parte piacentina)!
Tra gli elementi culturali comuni di queste vallate,il più noto è quello musical-coreutico.
Il modo di cantare dei cori,influenzato dal trallallero genovese,il repertorio di musica del piffero e le danze popolari,dette appunto delle QUATTRO PROVINCE,sono preziose testimonianze di una cultura antica,miracolosamente sopravvissuta fino ai giorni nostri.
Accomunano questi territori anche alcune feste popolari e riti calendariali,quali le questue(tipo di remunerazione non in denaro ma bensì in cibo e VINO!!!)per il CALENDIMAGGIO(festa per l'inizio della primavera).il Carnevale(famoso quello di Cegni fraz.di S.Margherita Staffora) e i festeggiamenti dei santi patroni.

:::OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE............AREA DELLE QUATTRO PROVINCE..."DALLO SCRIVIA AD OVEST,AL TREBBIA AD EST......CHIUSI DAL PO A NORD.....FINO A SUD CON IL GRUPPO DELL'ANTOLA!

Movimento INTERREGIONALE ,riguardante una terra di confine,già definita zona delle"QUATTRO PROVINCE" situata tra quattro regioni (PIEMONTE, LIGURIA, EMILIA-ROMAGNA, LOMBARDIA),per la maggior parte montuosa (APPENNINO LIGURE) che, dimenticata dalle loro amministrazioni PROVINCIALI(ALESSANDRIA,GENOVA,PIACENZA,​PAVIA) E REGIONALI,si propone la formazione di una nuova REGIONE che abbia interessi comuni!
CITTA' CAPOLUOGO  : TORTONA,TORRIGLIA,CASTEL S.GIOVANNI,VOGHERA.
SERRAVALLE SCRIVIA,BUSALLA,BOBBIO,VARZI,SANTO STEFANO D'AVETO!