domenica 24 novembre 2019

INCIPIT OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE,LA REGIONE DELLE 4PROVINCE

Come le provincie Basche che sono divise per ragioni amministrative (in questo caso 2 nazioni diverse)così l'oltrepò è stato suddiviso nell'arco dei secoli,tra quattro provincie corrispondenti anche a quattro regioni diverse;PIEMONTE,LIGURIA,LOMBARDIA ed EMILIA ROMAGNA.Storicamente zona di transito per commercianti eserciti,pellegrini e viaggiatori,vi passavano antiche percorrenze come la "via postumia"che collegava Genova ad Aquileia;la via Francigena che nel medioevo portava i pellegrini dalla Francia a Roma e da quì a Gerusalemme;la "via degli abati" che partiva da Bobbio,e l'antica via del sale attraverso la quale transitava il minerale allora prezioso verso la pianura padana,proveniente dalle saline liguri.
Ne delimita il confine a nord il "grande fiume"PO'da ovest, Cornale in prov.di Pavia ad est, S.Rocco al Porto prov.di Piacenza,dove sfociano rispettivamente lo Scrivia ed il Trebbia.
Questi due corsi d'acqua lo Scrivia ed il Trebbia nascono entrambi dalle pendici del monte Prelà 1406 m.(appennino ligure)nel comune di TORRIGLIA in provincia di Genova tracciando quindi i confini da ovest ad est e sud con la val Pentema la val d'Aveto nella provincia di Genova,dell'Oltrepò.che.vorremmo!
Matrice comune,di questa bella ma particolare terra denominata "area delle quattro provincie",è legata nell'alto medioevo alla casata dei MALASPINA,nobile famiglia italiana di origine longobarda,che resse anche la lunigiana ed il marchesato di MASSA -CARRARA.
I MALASPINA,i cui appartenenti avevano il titolo di principi di S.Colombano,si frammentarono successivamente in una miriade di piccole famiglie legate alle linee dello SPINO SECCO(di Mulazzo,di Prègola etc.) e dello SPINO FIORITO(di Varzi,Fivizzano,Godiasco etc.)
Ancora oggi,la diocesi facente capo a Tortona raccoglie quasi tutto questo teritorio(esclusa una parte piacentina)!
Tra gli elementi culturali comuni di queste vallate,il più noto è quello musical-coreutico.
Il modo di cantare dei cori,influenzato dal trallallero genovese,il repertorio di musica del piffero e le danze popolari,dette appunto delle QUATTRO PROVINCIE,sono preziose testimonianze di una cultura antica,miracolosamente sopravvissuta fino ai giorni nostri.
Accomunano questi territori anche alcune feste popolari e riti calendariali,quali le questue(tipo di remunerazione non in denaro ma bensì in cibo e VINO!!!)per il CALENDIMAGGIO(festa per l'inizio della primavera).il Carnevale(famoso quello di Cegni fraz.di S.Margherita Staffora) e i festeggiamenti dei santi patroni.

sabato 19 ottobre 2019

LA BATTAGLIA DI CLASTIDIUM

La Battaglia di Clastidium (oggi Casteggio, nell'Oltrepò Pavese) ebbe luogo nel 222 a.C., probabilmente il 1° marzo, tra i Romani e Galli Insubri.Antefatto della battaglia fu l'attacco portato dai Romani, comandati dal console Marco Claudio Marcello, agli Insubri, che tre anni prima avevano condotto una pericolosissima offensiva contro gli stessi Romani, fermata a Talamone con una delle battaglie che, per le forze in campo, fu considerata tra le maggiori dell'antichità. I Romani, respinte le proposte di pace degli Insubri, assediavano Acerrae, località tra il Po e le Alpi tradizionalmente identificata con Pizzighettone, tra Cremona e Lodi.Per alleggerire la situazione di Acerrae cui non riuscivano a venire in aiuto (i Romani avevano occupato tutte le posizioni strategiche attorno alla città), gli Insubri, rafforzati da circa trentamila mercenari della valle del Rodano detti gesati, tentarono una diversione su Clastidium. Essa era allora un'importante località degli Anamari (o Marici), popolazione ligure che, probabilmente per timore dei vicini Insubri bellicosi, già l'anno prima avevano accettato l'alleanza con Roma.Saputa la notizia i Romani, non abbandonando come sperato dagli Insubri l'assedio di Acerrae, inviarono la cavalleria con parte dei fanti a soccorrere gli alleati. Non è chiaro se Clastidium fosse allora caduta (come sembra indicare Plutarco), o ancora resistesse, come con più verosimiglianza indica Polibio. Comunque gli Insubri, lasciata Clastidium, avanzarono contro il nemico, ma furono attaccati dalla cavalleria romana con grande impeto. Dopo una certa resistenza, attaccati anche alle spalle e alle ali dai Romani, dovettero ritirarsi disordinatamente, e furono spinti verso un fiume (il Po oppure forse, come vuole il Baratta, un piccolo corso d'acqua locale, la Coppa), dove in gran numero trovarono la morte. Gli altri furono invece uccisi dai Romani. Lo stesso console Marcello, riconosciuto il re nemico Virdumaro dalle ricche vesti, lo attaccò uccidendolo di persona.La distruzione dell'esercito degli Insubri spianò ai Romani la strada di Milano, capitale nemica, che fu conquistata dopo breve assedio. La battaglia di Clastidium, che fu quindi il preludio della prima unificazione italiana, divenne tra le più celebri della storia romana.La nota epica dello scontro diretto tra i comandanti fece sì che Marcello, che consacrò le spolia opima (ricche vesti) di Virdumaro a Giove Feretrio, divenisse protagonista di una delle più antiche opere della letteratura latina, la fabula praetexta di Nevio, intitolata appunto Clastidium.Marcello ebbe l'onore del trionfo, che viene ricordato nei Fasti trionfali capitolini con le seguenti parole:"
M. CLAUDIUS M. F. M. N. MARCELLUS AN. DXXXI
COS. DE GALLEIS INSUBRIBUS ET GERMAN
K. MART. ISQUE SPOLIA OPIMA RETTULIT
REGE HOSTIUM VIRDUMARO AD CLASTIDIUM
INTERFECTO".
La battaglia di Clastidium è descritta nei particolari da Polibio (II, 34, 5) e, in modo un po' più romanzato, da Plutarco (Marcellus, VI, 5).Ad essa si riferiscono Cicerone (Tusculanae, IV, 22, 49), Livio (XXIX, 25, 7 e XXIX, 11, 40), Valerio Massimo (Memorabilia, I, 1, 8), e vi alludono gli epitomatori Floro ed Eutropio.Anche Virgilio nell'Eneide ricorda (VI, 855) l'impresa di Marcello:
« Aspice, ut insignis spoliis Marcellus opimis
ingreditur uictorque uiros supereminet omnis.
Hic rem Romanam magno turbante tumultu
sistet eques, sternet Poenos Gallumque rebellem,
tertiaque arma patri suspendet capta Quirino. »
Aggiungi una didascalia
........................BATTAGLIA DI CLASTIDIUM..............................................
La Battaglia di Clastidium (oggi Casteggio, nell'Oltrepò Pavese) ebbe luogo nel 222 a.C., probabilmente il 1° marzo, tra i Romani e Galli Insubri.Antefatto della battaglia fu l'attacco portato dai Romani, comandati dal console Marco Claudio Marcello, agli Insubri, che tre anni prima avevano condotto una pericolosissima offensiva contro gli stessi Romani, fermata a Talamone con una delle battaglie che, per le forze in campo, fu considerata tra le maggiori dell'antichità. I Romani, respinte le proposte di pace degli Insubri, assediavano Acerrae, località tra il Po e le Alpi tradizionalmente identificata con Pizzighettone, tra Cremona e Lodi.Per alleggerire la situazione di Acerrae cui non riuscivano a venire in aiuto (i Romani avevano occupato tutte le posizioni strategiche attorno alla città), gli Insubri, rafforzati da circa trentamila mercenari della valle del Rodano detti gesati, tentarono una diversione su Clastidium. Essa era allora un'importante località degli Anamari (o Marici), popolazione ligure che, probabilmente per timore dei vicini Insubri bellicosi, già l'anno prima avevano accettato l'alleanza con Roma.Saputa la notizia i Romani, non abbandonando come sperato dagli Insubri l'assedio di Acerrae, inviarono la cavalleria con parte dei fanti a soccorrere gli alleati. Non è chiaro se Clastidium fosse allora caduta (come sembra indicare Plutarco), o ancora resistesse, come con più verosimiglianza indica Polibio. Comunque gli Insubri, lasciata Clastidium, avanzarono contro il nemico, ma furono attaccati dalla cavalleria romana con grande impeto. Dopo una certa resistenza, attaccati anche alle spalle e alle ali dai Romani, dovettero ritirarsi disordinatamente, e furono spinti verso un fiume (il Po oppure forse, come vuole il Baratta, un piccolo corso d'acqua locale, la Coppa), dove in gran numero trovarono la morte. Gli altri furono invece uccisi dai Romani. Lo stesso console Marcello, riconosciuto il re nemico Virdumaro dalle ricche vesti, lo attaccò uccidendolo di persona.La distruzione dell'esercito degli Insubri spianò ai Romani la strada di Milano, capitale nemica, che fu conquistata dopo breve assedio. La battaglia di Clastidium, che fu quindi il preludio della prima unificazione italiana, divenne tra le più celebri della storia romana.La nota epica dello scontro diretto tra i comandanti fece sì che Marcello, che consacrò le spolia opima (ricche vesti) di Virdumaro a Giove Feretrio, divenisse protagonista di una delle più antiche opere della letteratura latina, la fabula praetexta di Nevio, intitolata appunto Clastidium.Marcello ebbe l'onore del trionfo, che viene ricordato nei Fasti trionfali capitolini con le seguenti parole:"
M. CLAUDIUS M. F. M. N. MARCELLUS AN. DXXXI
COS. DE GALLEIS INSUBRIBUS ET GERMAN
K. MART. ISQUE SPOLIA OPIMA RETTULIT
REGE HOSTIUM VIRDUMARO AD CLASTIDIUM
INTERFECTO".
La battaglia di Clastidium è descritta nei particolari da Polibio (II, 34, 5) e, in modo un po' più romanzato, da Plutarco (Marcellus, VI, 5).Ad essa si riferiscono Cicerone (Tusculanae, IV, 22, 49), Livio (XXIX, 25, 7 e XXIX, 11, 40), Valerio Massimo (Memorabilia, I, 1, 8), e vi alludono gli epitomatori Floro ed Eutropio.Anche Virgilio nell'Eneide ricorda (VI, 855) l'impresa di Marcello:
« Aspice, ut insignis spoliis Marcellus opimis
ingreditur uictorque uiros supereminet omnis.
Hic rem Romanam magno turbante tumultu
sistet eques, sternet Poenos Gallumque rebellem,
tertiaque arma patri suspendet capta Quirino. »..

venerdì 11 ottobre 2019

APPENNINO LIGURE SPINA DORSALE DELLE 4PROVINCE

APPENNINO LIGURE

L'APPENNINO LIGURE costituisce il tratto iniziale dell'APPENNINO SETTENTRIONALE e quindi della catena montuosa degli APPENNINI, raggiungendo il punto più alto con il monte Maggiorasca (1804 m s.l.m.) ed il Monte Lesima (1724 m s.l.m.)
Si divide in raggruppamenti tenendo in considerazione l'aspetto orografico, dei crinali contigui e delle vie di collegamento.

IL GRUPPO DEL MONTE ANTOLA comprende le vette che si trovano lungo, o prossime, le dorsali che dipartono dalla cima del monte Antola.

DORSALI
Seguendo la dorsale NORD, a cavallo tra le valli Borbera e Trebbia, le cime principali sono: il monte Carmo, il monte Alfeo, il monte Legnà, il monte Cavalmurone e il monte Chiappo.

Dal monte Chiappo la dorsale si divide in tre diverse catene:
verso NORD-OVEST, tra la val Borbera e la val Curone, si trovano il monte Ebro e il monte Giarolo;
 in direzione NORD, tra la val Curone e la valle Staffora, il monte Garave e il monte Bogleglio;
 infine verso NORD-EST il monte Lesima (che con i suoi 1724 m risulta essere la cima più elevata del gruppo) e il monte Penice.
Lungo la dorsale SUD, tra la val Trebbia e la val Brevenna, si incontrano le cime del monte Cremado, del monte Duso e del monte Prelà, lungo i cui fianchi meridionali hanno sorgente sia il fiume Trebbia sia il fiume Scrivia.
La dorsale EST, tra le valli Brevenna e Borbera, conduce alla cima del monte Buio.

Ampie zone del gruppo del monte Antola appaiono isolate e selvagge, i folti boschi di faggio e castagno che ricoprono i versanti sono popolati dalla fauna tipica dell'appennino tra la quale è ormai nuovamente presente anche il lupo, quale segnale di ritrovati equilibri naturali. Il Parco naturale regionale dell'Antola in provincia di Genova è stato istituito nel 1995.

Oggi suddivisa amministrativamente in 4PROVINCE (Genova, Alessandria, Pavia, Piacenza) e quindi in 4 REGIONI (Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna) la zona del gruppo del monte Antola era fino alla prima metà del XX secolo punto di passaggio e di scambi commerciali tra le comunità insediate nelle le valli e che oggi conservano ricordi e tradizioni comuni, in particolar modo musica e danze legate all'uso del piffero.

VIA DEL SALE
Il crinale nord vedeva il passaggio della via del sale lombarda che, partendo da Pavia e salendo dalla valle Staffora lo percorreva per scendere dal monte Antola a Torriglia e raggiungere Genova.

mercoledì 23 gennaio 2019

4PROVINCE 4000 ANNI FA; LA VALLE SCRIVIA

In VALLE SCRIVIA la presenza di insediamenti preistorici è testimoniata da reperti come l'"ascia di Reopasso", databile al 4000-3500 a.C.( un’ascia in pietra verde rinvenuta nel 1986 lungo l’itinerario che da Minceto frazione di Ronco Scrivia conduce al Reopasso e oggi conservata nel Museo Archeologico di S. Bartolomeo di Vallecalda (Savignone).) Sul versante della val Trebbia, reperti archeologici testimoniano la presenza dell'uomo neolitico (5000-2800 a.C.) ed è venuto alla luce un insediamento neolitico nei pressi del Monte Groppo. Al museo archeologico di Genova-Pegli si conserva un buon numero di accette ed ascie in serpentino verde scuro e verde grigio provenienti dalla zona di Bobbio e riferibili all'età neolitica.
L'epoca dei castellari, fortificazioni risalenti all'età del ferro (500-400), collocate su sommità collinari atte a scopi difensivi, è documentata dalla tomba della Camiaschetta (Savignone), venuta alla luce nel 1884, e dai resti della necropoli della Valbrevenna scoperti nel 1934 nel corso dei lavori di apertura della strada del fondovalle. «I vasi da incinerazione della Valbrevenna appartengono in parte alla cultura di Golasecca, segno che esisteva un movimento di scambio tra la valle Scrivia e le popolazioni che occupavano la pianura lombarda. La presenza dei castellieri in valle Scrivia è visualizzata anche su carte, che indicano: i toponimi riferibili a siti di probabile utilizzo in età preromana (Camiasca, Camincasca, Cerviasca, Vigo d'Orero, Vigo Morasso, Borlasca); i castellari ipotetici (Semino, Vallemara, Mongiardino, Isorelle, Camiaschetta); i castellieri accertati (Laccio); i gruppi di tombe (Camiaschetta, Cà); i percorsi naturali per gli scambi delle merci tra Genova e la pianura padana» [Valle Scrivia. p 31 / Giovanni Meriana : cura = Liguria Guide. — SAGEP : Genova : 1989]. La testimonianza più significativa dell'epoca dei castellieri è costituita dal cosiddetto Castelliere di Guardamonte (6' sec. a.C. circa) tra il monte Vallassa e il monte Pénola, in provincia di Alessandria, ma nei pressi del confine lombardo-piemontese, tra valle Staffora (PV) e val Curone (AL). I reperti rinvenuti sul sito si trovano attualmente nei musei di Torino e Tortona.
È plausibile, anche in assenza di tracce documentarie, che la val Borbera, le valli Scrivia e Staffora, tutto l'Oltrepò pavese e la val Trebbia, siano state occupate da quelle popolazioni liguri che avrebbero iniziato la colonizzazione dell'entroterra collinare e montuoso nel 1' millennio a. C. provenendo dalle coste del Tirreno, e in particolare dal Golfo di Tigulio, ed insediandosi nei preesistenti villaggi dell'età del Bronzo (2300-1100 a.C.). Scavi hanno portato alla luce fibule e aghi crinali nella zona di Bobbio e nel villaggio del Groppo. Segno della presenza degli antichi Liguri è anche la tomba rupestre della Spanna, sempre in val Trebbia, che testimonia anche il particolare culto dei morti di queste popolazioni. Il toponimo, nella forma Spennella è già presente nella tavola di Velleia. Per oltre cinque secoli i Liguri controlleranno un vastissimo territorio, dal fiume Varo al Serchio verso il Tirreno, tutto l'arco dell'Appennino settentrionale e buona parte della pianura Padana, dal Piemonte fino alla valle del Rodano. Il gruppo che si stanzia nella val Trebbia è il Bagienno.
Tra il 5' e il 4' secolo a.C., i Celti invadono la Pianura padana costringendo le popolazioni liguri a ritirarsi nelle zone interne dell'Appennino; sconfiggono gli Etruschi e pongono la loro capitale nella città di Felsina (Bologna). Dopo la discesa in Padania dei Galli Boi, anch'essi di etnia celtica, Roma decide di intraprendere una guerra per contrastare le mire espansionistiche delle popolazioni celtiche. Nel 222 a.C. i Romani occupano gran parte della Pianura padana, nel 219 fondano le colonie di Parma, Piacenza e Cremona. È probabile che in questo periodo una parte di Galli Boi abbia trovato riparo nelle valli dell'attuale territorio delle Quattro Province. Truppe celtiche erano presenti nell'esercito di Annibale vittorioso nella battaglia del Trebbia, presso Rivalta-Niviano, nel 218 a.C.