domenica 28 giugno 2020

UNITÀ LINGUISTICA DELLE 4PROVINCE: IL DIALETTO BOBBIESE (parte 3°)

DIALETTO BOBBIESE(parte 3°)
Diffusione e varianti. Il bobbiese propriamente detto, con qualche diversità lessicale o legata alla pronuncia delle vocali, è parlato nella città di Bobbio, in Val Trebbia, approssimativamente nei luoghi dell'antica Contea di Bobbio sostituita nel 1743 dalla Provincia di Bobbio fino all'unità d'Italia, che comprendeva zone oggi inserite nella provincia di Piacenza e di Pavia.La zona in cui si parla bobbiese, oltre all'antica cittadina, si può circoscrivere con alcune varianti ai comuni di Coli e Corte Brugnatella, ma anche verso nord nelle zone confinanti della provincia di Piacenza verso la Val Tidone e la Val Luretta, mentre a Travo è gia dialetto piacentino. Seguendo la Val Trebbia verso sud vi sono zone in cui è parlato nelle frazioni dei comuni di Ferriere nella bassa Val d'Aveto che danno verso la val Trebbia, ma anche in frazioni dei comuni di Cerignale e Zerba dove si registra un marcato cambio vocalitico dovuto all'influsso ligure.Nella provincia di Pavia, era parlato in alcune frazioni confinanti come Brallo di Pregola e Romagnese dove si registra qualche marcato cambio vocalico dovuto all'influsso pavese.L'Appennino piacentino [modifica]I dialetti dell'Appennino piacentino (nelle alte valli del Nure, della Trebbia e dell'Val d'Aveto) spesso risultano difficilmente intelligibili per i piacentini della collina e della pianura in quanto la parlata si avvicina maggiormente alla lingua ligure, ma anche al dialetto pavese e ad una sua variante o comunque ad una forma transitoria tra piacentino, pavese e genovese.Esempio: malè (malato, ammalato), malä in piacentino, marottu nel comune di Farini.Quanto più si abbandona il fondovalle raggiungedo frazioni distanti dai capoluoghi comunali o ci si avvicina al confine con la Liguria, quanto più sono percepibili le cadenze liguri. Ad esempio: u gàt (il gatto), al gat in piacentino, è sempre u gat anche a Ferriere, ma cambia in u gattu nelle frazioni ferrieresi. Ad Ottone le somiglianze col genovese sono ancor più marcate ed il dialetto locale è indubbiamente ligure.Bobbio, comune piacentino solo dal 1923, ha sviluppato un dialetto del tutto peculiare e distinto dal piacentino propriamente detto, essendo anticamente un centro di scambio situato lungo la Via del sale (tragitto commerciale che un tempo metteva in comunicazione la Pianura Padana con il Genovesato) dove l'odierna provincia di Piacenza confina con l'Oltrepò Pavese, la Liguria ed il Piemonte. Caratteristiche:  un fenomeno linguistico tipico del bobbiese e del piacentino è la prostesi della a per cui molti vocaboli aggiungono questa vocale alla forma tradizionale. Bsont (unto) può diventare absont e sporc (sporco) asporc se la parola precedente termina per consonante: piat absont; tüt asporc.Altro tratto comune del bobbiese e tipico in tutte le parlate emiliane è la sincope delle vocali non accentate, specialmente e. Ad esempio il sostantivo rèsega (sega), diffuso in Lombardia, nel territorio piacentino perde la seconda e per diventare rësga; il verbo lombardo lecà diventa lcä, ma per prostesi è molto comune la forma alcä. Il verbo milanese resentà (risciacquare) nel Piacentino diventa rsintä per sincope in quanto la prima vocale non è accentata e poi arsintä per prostesi. La sincope non è però così accentuata come in altre parlate di tipo emiliano.

sabato 20 giugno 2020

UNITÀ LINGUISTICA DELLE 4PROVINCE: IL DIALETTO BOBBIESE (parte 2)

DIALETTO BOBBIESE(parte 2°)
Storia ;
Bobbio e la valle del Trebbia abitata già al tempo delle popolazioni terramaricole, fu in seguito dominata dai popoli Liguri, Etruschi e i Celti dei Galli Boi, per passare successivamente ai Romani attorno al 14 a.C. La loro lingua si impose ovviamente su quella delle popolazioni locali subendo delle modifiche caratteristiche.Mentre le persone colte parlavano il latino, il popolo adottò il sermo vulgaris, cioè la parlata volgare, che in seguito, per evoluzione graduale, dette origine ai vari dialetti locali.La citadina ed il bobbiese inserito nel pagus Bagienno, faceva parte della regione romana di Liguria.Dopo i Romani l'Italia e la zona subì l'invasione e la devastazione di altri popoli, come gli Eruli, i Goti, gli Unni, i Burgundi e molte tribù barbariche di origine germanica; un breve periodo di pace lo si ebbe sotto i Bizantini con la formazione della Provincia bizantina di Liguria.Attorno al 572 la zona assieme a buona parte del nord d'Italia fu conquistato dai Longobardi che fecero di Bobbio un centro politico religioso e culturale dopo il 614, quando la zona fu assegnata all'abate missionario ed evangelizzatore irlandese San Colombano e grazie ai monaci della potente Abbazia di San Colombano si formò un feudo monastico cosmopolita con popolazioni celtiche, franche e germaniche inserito nel Ducato ligure.Nel 774 il feudo monastico del monastero di Bobbio è inserito nel regno dei Franchi e nella Contea ligure dopo la conquista del territorio da parte di Carlo Magno con allargamenti territoriali, successivamente sarà inserito in buona parte nella Marca Obertenga dopo la suddivione del territorio ligure in marche e contee.Queste popolazioni, a differenza dei Romani, non imposero i loro costumi e la loro lingua, ma differentemente accquisirono la parlata locale inserendo tipiche terminologie sopravvissute sino ad oggi, specie nella toponomastica dei luoghi.Continuando il breve escursus storico: Nel 1014 Bobbio ebbe il titolo imperiale di città e divento Contea vescovile, ma nel 1164 il Barbarossa tolse numerosi possedimento assegnandoli ai discendenti degli Obertenghi, tra i quali ebbero un ruolo di primo piano i Malaspina che crearono un vasto marchesato. Nel 1341 il territorio fu conquistato dai Visconti ed entrò a far parte del Ducato di Milano inserito nel Principato di Pavia e sottoposto ai conti Dal Verme. Nel 1743 si formò la Provincia di Bobbio passando sotto il Piemonte ed i Savoia ma dopo circa 50 anni la zona venne inserita nel Ducato ligure o di Genova e nella Divisione di Genova. Dopo l'unità d'Italia nel 1859 la provincia di Bobbio diviene circondario e passa alla nuova provincia di Pavia tornando in Lombardia. Solo nel 1923 Bobbio diviene piacentina passando quindi nell'Emilia-Romagna, ed il circondario viene smembrato e diviso tra province pavesi e genovesi. Parte dell'ex territorio bobbiese limitrofo rimane staccato e sempre unito alla provincia pavese.Nel panorama dei dialetti della provincia, quello bobbiese vanta proprie peculiarità, sia fonetiche che morfologiche e lessicali, rispetto al piacentino propriamente detto. Ciò è dovuto alla posizione geografica lungo la via di collegamento tra la Pianura Padana e il Genovese, dove il Piacentino confina con Liguria e Piemonte. Hanno influito inoltre le vicende storiche, essendo Bobbio passata sotto numerose dominazioni nel corso dei secoli: liguri, celti, romani, longobardi, franchi, signorie dei Visconti e degli Sforza, Spagna, Austria, repubbliche di Genova e Ligure, Piemonte, Lombardia ed infine sotto la provincia di Piacenza nel 1923, rimanendo sempre autonoma; quindi il dialetto locale non poteva che subire varie modifiche e influenze e rimanendo unico e non assimilabile.A partire dagli anni cinquanta, e con l'avvento della civiltà industrializzata, il territorio bobbiese pur isolato ha subito il più massiccio spopolamento specie giovanile ma anche il popolamento di gente, specie commercianti ed artigiani, esterna al territorio e con dialetti differenti. Ciò ha contribuito all'imbarbarimento dell'originale dialetto ormai parlato da pochi anziani.Del dialetto di Bobbio, oltre ai libri di storia, cultura e allo specifico dizionario, ci sono numerosi scritti e sono tipici il calendario ed il lunario bobbiesi, oltre a feste locali, folcloristiche e teatrali curate dall'associazione locale culturale "Ra familia Bubièiza".

UNITÀ LINGUISTICA DELLE 4PROVINCE:IL DIALETTO BOBBIESE

DIALETTO BOBBIESE(parte 1°)
Il dialetto bobbiese (ar dialèt bubièiś) è un dialetto della lingua emiliano-romagnola dell'appennino ligure, appartenente al gruppo linguistico gallo-italico tipico dei dialetti dell'Italia settentrionale, parlato a Bobbio e nella zona appenninica lungo la Val Trebbia della provincia di Piacenza ed in zone limitrofe e confinanti della provincia di Pavia e della provincia di Alessandria.Risente di forti contaminazioni dovute alla lingua lombarda (soprattutto nel lessico e in diverse espressioni idiomatiche), a quella piemontese e a quella ligure.Presenta vistose somiglianze con il lombardo occidentale o insubre, dovute ai secolari rapporti che la città di Bobbio e il suo circondario hanno intrattenuto con Milano.Similmente ad altre parlate del piacentino e delle province vicine quali il pavese, piemontese e ligure, è un dialetto transitorio tra le lingue emiliano-romagnola, lombarda e ligure, avendo caratteristiche proprie di entrambe.Il primo a codificare il dialetto bobbiese fu Bernardino Biondelli, nel Saggio sui dialetti Gallo-Italici pubblicato nel 1853. Il Biondelli lo pone nei dialetti emiliani e nel gruppo "Parmigiano", che secondo la sua catalogazione comprende il Parmigiano, il Piacentino, il Bobbiese, il Borgotarese, il Bronese, il Valenzano ed il Pavese. Insieme al dialetto pavese occupa un ruolo centrale nell'ambito delle parlate gallo-italiche, confinando direttamente con tutti i quattro gruppi in cui esse si usano dividere ed essendo nel cuore delle quattro province.È nato dal latino volgare innestatosi sulla precedente lingua celtica parlata dai Galli che popolavano parte del Nord Italia. Come gli altri dialetti gallo-italici, nella storia ha subíto diverse influenze, tra cui quella longobarda (la cittadina fu sede di un feudo longobardo nel Medioevo). In epoche più recenti è stato influenzato dal francese e dal toscano. Ad esempio tramite il francese è stato introdotto il vocabolo gudron e successivamente catràm dal toscano, entrambi col significato di catrame.

venerdì 12 giugno 2020

VIA DEI MALASPINA, VIA DEGLI ABATI

Il percorso della via Francigena che oggi conosciamo è quello descritto nel suo diario di viaggio dall’Arcivescovo Sigerico, nel ritorno da Roma verso Canterbury tra il 990 e il 994. Giunto a Pontremoli e dovendo attraversare l’Appennino, Sigerico scelse la via del passo della Cisa (Monte Bardone), che consentiva di raggiungere, disegnando un ampio arco, le città della pianura (Fidenza, Piacenza, Pavia).
Esisteva tuttavia anche un altro percorso, più antico, che passava attraverso i monti ed era praticato sin dal VII secolo soprattutto da chi viaggiava a piedi, quale tragitto più breve da Pavia a Lucca e verso Roma, transitando per Bobbio, Bardi, Borgovalditaro e infine Pontremoli.
Il percorso, utilizzato già dai sovrani longobardi prima della conquista della Cisa, controllata dai bizantini, toccava anche l’abbazia di Bobbio, nel cuore dell’Appennino, dove i pellegrini diretti a Roma e provenienti dalla Francia e dalle Isole Britanniche passavano a venerare le spoglie di San Colombano (+615), grande abate irlandese e padre, con San Benedetto, del monachesimo europeo. (Per questo tanto a Pavia che a Lucca esisteva già in età longobarda un hospitale di San Colombano). Il tragitto era parimenti seguito dagli abati di Bobbio per andare a Roma presso il pontefice, da cui l’abbazia direttamente dipendeva.
Ancora oggi questo storico percorso, denominato ora “Via degli abati” (o “Francigena di montagna”), che attraversa i valichi e le verdi vallate dell’Appennino toccando i centri medievali di Bobbio, Bardi, Borgovalditaro e Pontremoli, lontano dal traffico stradale e dall’afa della pianura, rappresenta una suggestiva variante per i viandanti della Francigena, specialmente durante la stagione estiva. 
La mappa sottostante della Via Francigena (pubblicata nel sito del Comune di Gambassi Terme, Toscana, anno 2003), oltre a tratteggiare il percorso di Sigerico dalle Alpi a Roma, segnala anche la variante montana che passa per Bobbio e che corrisponde alla Via degli Abati.