venerdì 4 maggio 2012

LA PROVINCIA DI BOBBIO

LA PROVINCIA DI BOBBIO
Istituita nel 1743 con il Trattato di Worms, comprendeva un vasto territorio nel Regno di Sardegna. Il 23 Ottobre 1859 il territorio, sotto Pavia, diviene circondario fino allo smembramento del 1923.

La storia della provincia inizia con la fine della guerra di successione austriaca, infatti Bobbio, fino allora Contea dei Dal Verme con il suo territorio, entra a far parte del Regno di Sardegna lasciando l’ex Ducato di Milano austriaco, e lo Stato Sabaudo la eleverà a capoluogo di provincia fino alla costituzione del Regno d’Italia.
A seguito del Trattato di Worms del 13 settembre 1743, confermato con la Pace di Aquisgrana del 18 ottobre 1748, avveniva l'alleanza antifrancese dei Savoia con Maria Teresa d’Austria e l'Inghilterra nella guerra di successione austriaca. Per concessione dell’Austria le autorità sabaude dopo la guerra, unirono
l'Oltrepò, con il Vogherese, il Bobbiese e feudi adiacenti (Siccomario, Langhe Malaspiniane e Feudi
Vermeschi) in una nuova provincia con capoluogo Voghera, nonostante l'istituzione della provincia di
Bobbio nel 1743, ma che fu effettiva formalmente solo in seguito.
La provincia venne creata sommando i territori dei Feudi dei Dal Verme, dell’antica Contea di
Bobbio con Corte Brugnatella, con le Langhe Vermesche e le Signorie dei marchesati dei Malaspina,
fra i quali i feudi di Varzi, Godiasco e Oramala, con i feudi di Fortunago, Cecima e Bagnaria ed altri,
che furono separati da Voghera e costituirono la nuova provincia di Bobbio.
Essa fu poi smembrata dalla Francia napoleonica fra il 1797 ed il 1803, ed inserita nel Dipartimento di
Marengo (Alessandria), mentre nel 1805 è inserita nella Repubblica Ligure sotto il Dipartimento di
Genova.
Tra il 1797 ed il 1814 Bobbio diviene Circondario (arrondissement francese) data l'abolizione delle
province e verranno inseriti buona parte dei Feudi imperiali liguri aboliti effettivamente nel 1798,
come il contado di Ottone (con i comuni di Cerignale, Fascia, Fontanigorda, Gorreto, Pregòla, Rondanina, Rovegno e Zerba), che era nel Dipartimento dei Monti Liguri Occidentali che comprendeva
tutta l'alta Val Trebbia da Ponte Organasco e Carrega Ligure in Val Borbera e la Val Boreca. Nel 1815,
dopo la caduta di Napoleone, rinasce nuovamente la provincia di Bobbio con il medesimo territorio.
Con la riforma amministrativa del 1818 vi è una modifica territoriale, con la perdita dei comuni di
Borgoratto, Cecima, Godiasco, Montesegale, Pizzocorno e Staghiglione che passano nella provincia di
Voghera; ma fu inclusa sempre nella Divisione di Genova del Ducato Ligure sotto il regno di Sardegna.
Dal 1848 la provincia di Bobbio venne staccata dalla Divisione di Genova e aggregata provvisoriamente
alla Divisione di Alessandria, ma dipese sempre da Genova.
Nel 1859 con il Regio Decreto n. 3702 del 23 ottobre 1859 – Decreto Rattazzi venne inclusa nella provincia di Pavia e ridiventa circondario (effettivo dal 1861), poi nel 1923 i comuni del
circondario vengono divisi tra le province di Pavia, Piacenza e Genova. Nel 1925 i comuni piacentini di
Romagnese, Ruino, Valverde e Zavattarello ritornarono in provincia di Pavia.
La Provincia di Bobbio (ab. 36.906 nel 1814) era divisa in quattro Mandamenti: Bobbio (ab. 7.723),
Ottone (ab. 10.691), Varzi (ab. 7.581) e Zavattarello (ab. 10.914).
Il comune più popoloso era il capoluogo Bobbio (ab. 3.475 nel 1814, ab. 3.743 nel 1839).
I comuni in totale dopo il 1814 erano 27, ma furono 44 i comuni (con la popolazione del (1814)
e quelli del [1839]) che fecero parte della provincia di Bobbio in anni diversi, alcuni vennero soppressi
altri ripristinati, altri passarono ad altre province ed altri furono di nuova costituzione: Bagnaria (o Bagnara) (ab. 778) [ab. 713], Bobbio (ab. 3.475) [ab. 3.743], Borgoratto Mormorolo (ab.
820), Caminata (ab. 930) [ab. 652], Cecima (ab. 824), Cella di Bobbio (con Castellaro di Varzi e Casale,
Cegni, Cignolo e Negruzzo di Santa Margherita) (ab. 1.444) [ab. 1.610], Cerignale (ab. 1.050) [ab. 1.005], Corte Brugnatella (ab. 697) [ab. 745], Fascia [ab. 627], Fontanigorda [ab. 1.338], Fortunago (ab. 872) [ab. 802], Godiasco (con San Giovanni Piumesana) (ab. 2.210), Gorreto (ab. 773) [ab. 875], Gravanago (manca), Groppo (manca) [nel 1818 assieme a Godiasco, nel 1929 venne aggregato al comune di Pozzolo, costituendo l’attuale Pozzol Groppo(AL)], Menconìco (con San Pietro Casasco più Caro Bosmenso di Varzi) (ab. 1.021) [ab. 1.132], Moncasacco (manca), Monteforte (manca), Montepicco (manca), Montesegale (ab. 800), Nivione (con Capo di Selva di Varzi) (manca), Oramala (con Quarti) (manca), Ottone (ab. 2.759) [ab. 4.270], Pietra Gavina (con Casa Cabano, Casa Fiori, Cascina Torretta, Santa Cristina di Varzi) (ab. 528) [ab. 467], Pizzocorno (ab. 896), Pregòla (ab. 1.759) [ab. 1.817], Rocca Susella (manca), Romagnese (ab. 1.947) [ab. 1.822], Rondanina [ab. 627], Rovegno (ab. 2.160) [ab. 2.386], Ruino (ab. 999) [ab. 955], Sagliano di Bobbio (o Sagliano di Crenna)
[ab. 244], Sant'Albano di Bobbio [ab. 476], Santa Margherita di Bobbio (ab. 583) [ab. 599], San Ponzo
(manca), Staghiglione (con Stefanago di Borgo Priolo) (ab. 1.251), Torre d'Albera (manca), Trebbiano
(manca), Trebecco [ab. 376], Val di Nizza (ab. 1.177) [ab. 1.129], Valverde (ab. 1.381) [ab. 900], Varzi (ab. 1.934) [ab. 2.045], Zavattarello (ab. 1.648) [ab. 1.729], Zerba (ab. 2.190) [ab. 1.275].

Gian Luca Libretti

martedì 1 maggio 2012

OLTREPO ALTA VAL TREBBIA-SCRIVIA LIGURE


Dove comincia l'Appennino

Note culturali e naturalistiche sul territorio delle Quattro Province

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1/5/2012, ore 18.39
contatti: redazione@appennino4p.it




L'Appennino, la catena montuosa che percorre come un'ossatura tutta l'Italia peninsulare, ha inizio all'altezza del passo del Turchino, fra Genova Voltri e Alessandria. Qualcuno ipotizza che il nome Appennino discenda da Pen, dio ligure dei boschi e delle montagne, dal quale sarebbero derivati anche i nomi di monti come Penna e Pénice.
carta a grande scala Queste pagine sono dedicate al primo tratto settentrionale dell'Appennino, un gruppo di montagne e valli divise, dal punto di vista amministrativo, in ben quattro province di quattro regioni diverse: Genova (Liguria), Alessandria (Piemonte), Pavia (Lombardia) e Piacenza (Emilia-Romagna). Culturalmente, però, si tratta di un'area omogenea, dove per secoli la gente ha vissuto in modi simili (coltivando cereali, patate e castagne, allevando capre e mucche, costruendo villaggi di impianto caratteristico, ecc.) e si è conosciuta e sposata più facilmente a cavallo tra le alte valli che fra queste e le corrispondenti zone di pianura. Questa unità è testimoniata soprattutto nella musica tradizionale popolare, che perciò è stata definita delle Quattro Province: espressione che ci sembra la più adatta a denotare l'area di cui parliamo.




Una terra di ponti

Bobbio. Ponte medievale gobbo sul Trebbia Si sa che l'immaginario popolare associa usualmente l'edificazione di un ponte all'intervento disturbante del diavolo, ed è facile capirne la ragione: i ponti uniscono, il diavolo è "colui che divide". [...] Nella cultura popolare più folletto disturbante che incarnazione del male assoluto, il diavolo insinua, con il suo operare negativo, l'immagine della contraddizione insita in ogni azione volta ad unire, a valicare, a guadare. In fondo, la sua disperata opposizione alla creazione di contatti, nessi, comunicazioni, reca in sé un germe di valore: la difesa di identità e specificità, però scaduta nel malinteso di una chiusura all'altro, di un rifiuto assoluto e sterile.
Se il ponte gobbo di Bobbio, che unisce le rive opposte della Trebbia, mi ha suggerito queste considerazioni, è perché in queste valli, che siamo oramai usi definire "delle Quattro Province", si palesa in pienezza la complessità dei molteplici e contraddittori temi di unione e conflitto, chiusura e scambio, apertura e isolamento. Valli percorse da tracciati millenari, vie marenche e vie del sale, per frantumi di ghiaie e correnti di acque, oppure tra le balze delle creste, d'azzurro e verde, specchiati a nord in nebbie di pianura o a sud nel bagliore diafano di un lembo di mare. Valli un tempo di antiche solidarietà, consuetudini comunitarie, ampiezza di pascoli, ricchezza d'acque. Ma anche di chiostre remote e greppi ardui, di esistenze consumate su orizzonti sempre uguali, di rivalità antiche e sanguigne. Valli oggi fatte sovente impenetrabili di selva, borghi in rovina avvinti da un trionfo di vegetazione, chiusi in cupezza d'abbandono.
Paolo Ferrari Magà
(Dalla val Trebbia alle "molte province" = World music magazine. 62 : 2003.10. p 5-7)



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